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Elly ormai senza bussola, insegue Conte anche in politica estera

Dopo reddito di cittadinanza e salario minimo, i dem si accodano anche sull'Ucraina

Elly ormai senza bussola, insegue Conte anche in politica estera

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Sostegno all'Ucraina sì, aumento delle spese militari al 2% no. È questa la nuova e contraddittoria strategia di politica estera tracciata da Elly Schlein per rincorrere il Movimento Cinque Stelle sul terreno del pacifismo. La rincorsa ai grillini parte da lontano ed è pregna di ambiguità politiche. Da un lato, la Schlein non ha rinnegato il sostegno militare a Kiev, ma ha strizzato l'occhio ai pacifisti schierandosi dalla parte del cancelliere tedesco socialdemocratico, Olaf Scholz, che - dichiara in realtà a sproposito la Schlein - ha annunciato il rinvio di cinque anni dell'obiettivo del 2% del Pil per le spese militari, previsto dagli accordi che l'Italia ha sottoscritto con la Nato.

Una presa di posizione che rappresenta una giravolta notevole per il Pd, il principale partito d'opposizione che più di ogni altro in questi anni si è schierato apertamente con l'Unione Europa e le organizzazioni internazionali come la Nato. Nel marzo del 2022, infatti, il Pd, che all'epoca faceva parte integrante del governo Draghi, aveva votato a favore di un ordine del giorno con cui il Parlamento chiedeva di incrementare il budget per raggiungere il 2% del Pil. Il ministro della Difesa dell'epoca era il piddino Lorenzo Guerini che, proprio in quei giorni, intervistato da Repubblica, aveva ribadito che «il contesto attuale ci impone di fare di più». All'epoca, il segretario del Pd era l'euroentusiasta e filoccidentale Enrico Letta, mentre oggi a capo del Pd la «pasionaria» Schlein che ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il mondo della sinistra giovanile un po' terzomondista e un po' pacifista. Un mondo che, non sentendosi più rappresentato dal Pd, in questi anni, ha guardato al M5S.

Ora la Schlein, dunque, ha deciso di cambiare tutto, trincerandosi dietro una presunta scelta del cancelliere Scholz, per provare a trovare un nuovo punto di contatto con il Movimento Cinque Stelle e con il suo leader, l'ex premier Giuseppe Conte, che tra qualche giorno parteciperà alla Festa dell'Unità di Ravenna. I Cinquestelle, infatti, sono sempre stati contrari all'aumento delle spese militari e il Movimento delle origini non era certamente filo-Atlantico come il Pd. Il tempo cambia molte cose, si sa, tant'è vero che, numeri alla mano, Giuseppe Conte, in entrambe le sue due esperienze a Palazzo Chigi, tra il 2018 e il 2021, aveva aumentato le spese militari da 21 a 24,6 miliardi di euro l'anno, con un +17%.

Il Pd, dunque, dopo aver cambiato idea sul salario minimo e sul reddito di cittadinanza (i dem votarono contro quando il provvedimento arrivò in Parlamento all'epoca del governo Conte1), ora sembra rimangiarsi anche le sue storiche posizioni sulla politica estera. Il Pd si è già spaccato al suo interno lo scorso giugno, in occasione del voto all'Europarlamento sull'Asap, il provvedimento per accelerare la produzione di materiale bellico dei Paesi Ue. Un provvedimento al quale aveva votato favorevolmente tutto il gruppo dei Socialisti e Democratici europei, ossia quello a cui aderisce il Pd.

Ma non solo. Mesi fa aveva fatto molto discutere la scelta di Paolo Ciani come vicecapogruppo del Pd alla Camera, proprio perché, in quanto pacifista cattolico, aveva sempre votato contro l'invio delle armi a Kiev.

Con queste ultime dichiarazioni, la giravolta schleiniana è compiuta.

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