Migranti, Merkel tende la mano all'Italia: "Ue solidale o rivedere Schengen"

Vertice d'emergenza il 14 settembre. La Merkel assicura: "C’è accordo, l’Italia va aiutata". Ma i Paesi Ue sono divisi: si rischia un altro flop

Migranti, Merkel tende la mano all'Italia: "Ue solidale o rivedere Schengen"

Che occorra "superare Dublino", come chiesto dallo stesso Matteo Renzi per "avere una politica di immigrazione europea, con un diritto di asilo europeo", lo ha implicitamente riconosciuto nei giorni scorsi Angela Merkel, facendo un gesto significativo nei confronti dei profughi siriani. Alla Germania si sono affiancati Francia e Gran Bretagna nel chiedere una riunione urgente dei responsabili dell'Ue per individuare "misure immediate". La presidenza lussemburghese l’ha convocata a stretto giro, il 14 settembre a Bruxelles. "C’è un ampio accordo - assicura la cancelliera tedesca - sul fatto che l’onere dei migranti sull’Italia debba essere ridotto". Ma la strada rimane tutta in salita, vista la riluttanza di molti governi, specie del Nord Europa, ad avviare una politica veramente comune.

Il 25 agosto, sfruttando la cosiddetta clausola di sovranità del regolamento di Dublino III, la Merkel ha deciso di non rimandare indietro al primo Paese d’ingresso i profughi siriani che giungono in Germania. Il regolamento di Dublino III sul diritto d’asilo, in vigore dal primo gennaio 2014, stabilisce infatti che "una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III" del regolamento stesso. Salvo eccezioni, si tratta del paese di accesso nell’Unione europea. Come ricordato ieri da Renzi in un’intervista al Corriere della Sera, non esiste una vera e propria politica integrata europea sull’immigrazione, e ancora meno un diritto di asilo europeo. Oltre agli hot spot in Italia e Grecia per identificare i richiedenti asilo, Francia, Germania e Inghilterra chiedono misure immediate come una lista dei "paesi d’origine sicuri", ma si tratta di passi avanti ancora timidi.

"Serve andare rapidamente verso regole europee comuni sulla richiesta d’asilo, sapendo che solidarietà e responsabilità sono principi indissolubili - mette in chiaro il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans - è necessario accelerare le procedure di registrazione". Che l’argomento sia particolarmente sensibile e complicato lo confermano le difficoltà incontrate tra i governi dell’Unione sulle quote obbligatorie per i profughi in Italia e in Grecia da ricollocare, nonostante l’accordo raggiunto su un (macchinoso) meccanismo volontario. Entro ottobre 32.256 profughi dovrebbero essere ricollocati dopo il via libera - atteso a settembre - dell’Europarlamento. Entro dicembre il numero dovrebbe salire a 40mila, dopo una serie di verifiche. A luglio, nonostante il pressing di Commissione e presidenza di turno dell’Ue, era stato impossibile raggiungere il target dei 40mila (stabilito dal vertice dei leader Ue di fine giugno), a causa delle forti resistenze di vari Paesi, tra cui Spagna e Austria. "Serve un sistema d’asilo europeo - continua Timmermans - non dobbiamo lasciare la porta aperta a xenofobia e populismo. Alla strada di ciascuno per se stesso. Ciascuno per se stesso non ha mai portato a risultati positivi".

"Se non riusciremo a distribuire in modo equo i rifugiati - avverte la Merkel - allora la questione Schengen sarà di nuovo in agenda per molti". L'immobilismo dell'Unione europea ha spinto i singoli Paesi a muoversi per i fatti propri. C'è chi come l'Ungheria di Viktor Orbàn che ha edificato 175 chilometri di muro per fermare gli immigrati e chi come l'Inghilterra di David Cameron che si prepara a chiudere l'area Schengen. "Le barriere non mandano il messaggio giusto", ha messo in chiaro la Commissione Ue facendo sapere che "non incoraggia l’uso di muri ma di altri mezzi" per la sorveglianza delle frontiere.

Resta, però, una "competenza nazionale" per cui Budapest non incorre in "nessuna conseguenza legale". Al ministro britannico Theresa May ha, invece, ricordato che "la libera circolazione dei cittadini europei è parte integrante del mercato unico e un elemento centrale del suo successo".

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