Emiliano vola, Serracchiani fa flop: l'effetto No scuote i governatori Pd

Chi sale e chi scende dopo il referendum. In ribasso anche De Luca

Emiliano vola, Serracchiani fa flop: l'effetto No scuote i governatori Pd

Milano - La batosta e la riscossa. De Luca ed Emiliano. La sconfitta e l'ascesa. Serracchiani e Chiamparino. La delusione e il successo che ridimensionano o rafforzano le ambizioni alla leadership. La doppia lettura del referendum riconsegna quotazioni in salita e in discesa nei fortini regionali guidati dai «pezzi grossi» di casa Pd. E per molti dei presidenti di Regione che contano a largo del Nazareno, le urne di domenica hanno segnato il giro di boa. Il secondo, nell'arco di pochi mesi, dopo quello delle Amministrative. Per l'anti-Renzi, il presidente della Puglia Michele Emiliano, che si è battuto contro la riforma, la valanga di No che in regione ha toccato il 67% è nuova linfa dopo l'appannamento subito con la battaglia sulle trivelle ad aprile. Sufficiente a correre per la segreteria? Sì, «ma tra 4 anni». Intanto basti la conferma che nel Sud che ha dato il benservito al governo, la Puglia «ha seguito il voto del suo presidente: se c'è un legame autentico tra una comunità e la sua leadership, il parere del presidente della Regione conta. Può darsi che il mio abbia contato». Se il parametro è vero, in Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani non deve averla presa bene. Il volto numero due del partito renziano ha incassato un altro pollice verso, il 60% di No, dopo quelli che a giugno hanno visto il centrodestra strappare città saldamente in mano al Pd, da Trieste a Pordenone, alla rossa Monfalcone. «Abbiamo perso - ammette in una lettera ai circoli Pd - Tutti, a cominciare da me, siamo chiamati a riflettere sugli errori commessi». Mentre la Lega le chiede un «passo indietro», lei si limita ad annunciare primarie per le Regionali del 2018 onde evitare sonore cadute nel buio.

Chi ha scoperto le carte è il governatore della Toscana, Enrico Rossi, che sogna di archiviare la segreteria renziana, è da tempo l'unico candidato ufficiale al congresso. Eppure sembra condannato all'irrilevanza: la terra che guida è la stessa che ha dato i natali al suo rivale ed è tra le tre regioni in cui il Sì, (che è stato anche il suo voto, in linea al partito) ha vinto. Suggerendo che forse l'immagine del presidente non riesce a calamitare i consensi in fuga da Renzi.

Nel Meridione arrabbiato, la discesa in campo del potente governatore Vincenzo De Luca ha portato più danni che voti. Il No ha vinto in tutte e cinque le province, compresa la sua Salerno e l'efficacia della sua macchina per il Sì si è inceppata tra le gaffe, dalla frittura di Agropoli all'elogio al clientelismo.

Ai poli opposti, in Piemonte, dal «diversamente renziano» Sergio Chiamparino, quello che aveva detto di votate Sì per paura di una Brexit italiana, arrivano già siluri sulla sconfitta bruciante per il Pd: «Politiche sbagliate».

Ma lui, in fondo, s'era smarcato per tempo dalla «personalizzazione». E anche dal premier, dimettendosi da presidente della conferenza delle regioni in polemica col governo.

Ma c'è ancora tempo per indovinare il prossimo carro del vincitore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica