La proposta della Commissione europea di inserire gas e nucleare nella tassonomia delle fonti energetiche considerate green sta spaccando la politica del Vecchio Continente e, nel suo piccolo quella italiana. Il nostro Paese, tormentato da un rialzo delle tariffe che nel trimestre in corso segna +55% per l'elettricità e +41,8% per il gas per un aggravio di spesa da mille euro a famiglia, deve decidere come uscire da questo cul de sac. Dopo i 3,8 miliardi stanziati dalla manovra contro i rincari delle bollette e il prevedibile nuovo deficit da deliberare allo scopo, occorrerà cambiare politica energetica perché di troppo debito si può anche finanziariamente morire. «L'Italia non può stare ferma», ha detto Salvini, dichiarandosi pronto «a raccogliere le firme per un referendum che porti il nostro Paese in un futuro energetico indipendente, sicuro e pulito». Su questo fronte il segretario del Carroccio è in sintonia con il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, che di recente non solo ha ribadito la necessità di ripensare all'atomo, ma ha anche considerato l'opzione di riprendere le trivellazioni di gas in Italia. Scelta sostenuta dal ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, che non solo condivide il proposito di Salvini di aprire un tavolo governativo sulla questione energetica, ma ha aperto a «una riflessione più generale sulla sovranità energetica del nostro Paese».
Considerato che anche Forza Italia è favorevole a questo tipo di scelte e con lei anche Confindustria tra le parti sociali, la maggioranza rischia di sfaldarsi su questo punto cruciale. M5s è contrario a tutto: no a gas e nucleare come fonti green, no a nuove trivellazioni di idrocarburi in Basilicata e su questa opposizione viene affiancato anche da Leu (futura sinistra Pd) e da Europa Verde. In silenzio il Pd che passa la palla al premier Draghi che dinanzi a sé ha due strade: o avallare la linea di una maggiore autosufficienza energetica oppure spingere in Europa per i gruppi d'acquisto comunitari che abbassino i prezzi.
Ma proprio a Bruxelles è il cuore del problema. I Paesi sono divisi tra loro. La proposta della Commissione Ue, che potrebbe tradursi in direttiva nel 2023, è avversata da Germania, Spagna e Austria che da tempo hanno detto no al nucleare e sì alle rinnovabili. La Francia di Emmanuel Macron spera nella sponda italiana. All'Europarlamento, occorre ricordarlo, il gruppo dei Conservatori (di cui fa parte Fdi) ha avviato un confronto sul tema con i macroniani di Renew Europe.Ieri Giorgia Meloni ha incalzato il premier Draghi a elaborare finalmente «una strategia» in materia energetica. L'opzione nucleare, che di sicuro è quella che garantirebbe una maggiore resa a costi tutto sommato inferiori, richiede tuttavia un'assunzione di responsabilità. Il segretario dei Radicali italiani, Massimiliano Iervolino, ha ricordato che l'energia atomica per Bruxelles è sostenibile «a condizione che le centrali siano in grado di smaltire in sicurezza i rifiuti radioattivi», il che significa «avere un deposito unico per le scorie». La speranza è che la Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) sia pubblicata a breve di modo da poter avviare il processo decisionale. Non c'è alternativa, infatti, al decidere.
Come ricordato dal presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli l'utopia ambientalista è un sogno e «quando lanciamo proclami distaccandoci della realtà poi arriva la botta del raddoppio delle bollette elettriche in un anno».
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