Esultano tutti tranne Salvini: «Giornalisti servi»

Gentiloni: «La destra resta troppo forte». Brunetta: «Hofer è come Grillo». E Calderoli evoca brogli

Laura Cesaretti

L'Unione Europea, e con essa il governo italiano, tirano un sospiro di sollievo. Anche se, come avverte Paolo Gentiloni, la sconfitta per un soffio della destra xenofoba ed antieuropea resta un segnale che sarebbe pericoloso ignorare: la vittoria di Van der Bellen «è una notizia positiva», dice il ministro degli Esteri, ma «non dobbiamo sottovalutare che la metà degli elettori si è espressa in un altro senso». Una vittoria, aggiunge Gentiloni, «di cui siamo molto contenti anche per i riflessi che questo successo di misura avrà nelle relazioni bilaterali dei nostri due paesi», a partire dalla complicata gestione del Brennero». Su tutt'altra lunghezza d'onda il leader leghista Matteo Salvini, che per sostenere lo sconfitto Hofer se la prende con la stampa (italiana): «Provo pena per quei giornalisti italiani che parlano di un voto, della metà del popolo austriaco, per una'estrema destra xenofoba, populista, razzista e ultra-nazionalista. Da quando chiedere il rispetto delle regole è estremismo? Nove giornalisti italiani su dieci non sono uomini, sono servi», conclude drastico. Nel centrodestra però ci sono anche toni ben diversi. «L'Europa si è affacciata sull'abisso della disgregazione - sottolinea ad esempio Osvaldo Napoli di Forza Italia - e solo il senso di responsabilità degli elettori austriaci ha impedito l'ultimo fatale passo». Poi lancia un avvertimento alle ali estreme della sua coalizione: «Matteo Salvini e Giorgia Meloni devono riflettere sulle correzioni di rotta da imprimere alla loro linea politica. Posizioni estreme e toni sguaiati attirano consensi, nella platea dello scontento, ma molti ne fanno perdere fra l'elettorato più maturo». Il capogruppo di FI Renato Brunetta ricorda tra l'altro che «il programma della destra austriaca e quello di Grillo sono, per molti versi, sovrapponibili». A sottolineare l'importanza politica che, a livello continentale, ha avuto il test austriaco, si fanno sentire anche il presidente della Repubblica in carica e quello emerito. Sergio Mattarella ricorda «l'amicizia» tra Italia ed Austria e auspica che diventi «un saldo ancoraggio per il rafforzamento del progetto europeo, scosso da numerose e talvolta inedite sfide». Per Giorgio Napolitano, «l'esito peggiore che si paventava alle elezioni austriache è stato evitato. La sfida non è finita, però». L'ex capo dello Stato ne trae però l'auspicio di un «moto di riscossa contro la destra xenofoba» e dice: «E' possibile reagire, non si devono dare per scontate le pulsioni dell'opinione pubblica».

E mentre il leghista Roberto Calderoli già parla di brogli e dice che sulla vittoria di Van der Bellen «qualche dubbio sulla regolarità di quanto accaduto nasce spontaneo», il capogruppo italiano del Pse, Gianni Pittella, si mostra comunque allarmato: «A prescindere dall'esito finale e della buona tenuta del blocco europeista, l'argine si è rotto e per la prima volta dal 1945 un'estrema destra che proviene direttamente dal nazismo ha sfondato. È un terremoto».

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