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Ex Alitalia, un'altra grana che Draghi lascia a Meloni

La vendita di Ita è ferma al palo e il presidente Altavilla finisce nel mirino dei consiglieri del Mef

Ex Alitalia, un'altra grana che Draghi lascia a Meloni

Negli ultimi giorni del governo Draghi, proprio alla vigilia di un probabile governo Meloni, un interrogativo aleggia nelle stanze del potere: quale dei due esecutivi venderà Ita, l'ex Alitalia, mettendo fine a un tormentone che dura da molti mesi? Quello uscente o quello nuovo?

Una risposta chiara non c'è ancora, ma in questi giorni si assiste a una crescita di tensione che coinvolge la compagnia, il potenziale acquirente individuato, il ministero dell'Economia (azionista e gestore del processo di vendita), le parti politiche. Una giornata particolarmente calda sarà quella di mercoledì 12, giorno in cui è convocato il cda di Ita. Sei consiglieri dimissionari da marzo (e tuttora in carica) hanno chiesto che le deleghe attribuite dal Mef al presidente Alfredo Altavilla, in primis quella relativa alle strategie, vengano redistribuite. L'ad Fabio Lazzerini appoggia l'iniziativa.

La delega sulle strategie è quella che mette la privatizzazione di Ita nelle mani esclusive del presidente, e i firmatari vorrebbero toglierla ad Altavilla accusandolo di rallentare la trattativa già avviata con il fondo americano Certares, candidato a rilevare il 50% più un'azione di Ita. A lui viene imputato, in particolare, di non aver fornito sufficienti informazioni della data room ai partner commerciali di Certares, Delta e Air France. Ma questi ultimi secondo norme antitrust non sono candidati all'acquisto e quindi le informazioni sensibili (tra cui il conto economico delle singole rotte) se messe a loro disposizione andrebbero a quelli che sono dei semplici concorrenti. Tutto si può dire di Altavilla, tranne che manchi di esperienza nel campo delle alleanze internazionali, lui che fu il braccio destro di Sergio Marchionne nell'operazione Fiat-Chrysler. Infatti Mario Draghi, non a caso, lo indicò come presidente «tecnico» di Ita con deleghe importanti.

Mercoledì l'iniziativa dei consiglieri non dovrebbe avere seguito poiché della materia è competente l'assemblea, ma certamente la mossa avvelena gli animi. Va ricordato che il cda di Ita fu insediato ai tempi del governo Conte 2, e che i consiglieri ora dimissionari furono indicati dal Pd e dal M5S. Altavilla, come detto, fu invece voluto da Draghi. La partita infuocata di questi giorni si gioca sui tempi e ad Altavilla, al quale si imputa di rallentarli, viene accusato di voler favorire il governo che verrà.

Le ipotesi sono più d'una. C'è chi pensa che una cessione firmata dal governo Draghi possa sollevare il nuovo governo dalla responsabilità di un futuro insuccesso dell'operazione. All'interno di Fratelli d'Italia pare che si confrontino due tesi: chi vuole una nazionalizzazione e chi pensa alla miglior soluzione dal punto di vista industriale. Giorgia Meloni ha fatto sapere di voler prendere personalmente visione del dossier prima di una decisione. A quel punto suggeriscono fonti vicine alla trattativa potrebbe anche confermare la vendita a Certares, con l'accortezza di aggiungere qualche elemento distintivo e migliorativo. Se la vicenda passerà al prossimo governo, sarà questo un altro elemento critico dell'eredità di Mario Draghi, come Mps o i crediti deteriorati.

Intanto al cda di mercoledì saranno portati i conti della semestrale, che esporrà perdite superiori a un terzo di capitale con conseguente richiesta all'azionista Mef (ex articolo 2446 del Codice civile) di ricapitalizzare con i 400 milioni già autorizzati dalla Commissione europea.

Va ricordato che il piano industriale prevede il pareggio nel secondo trimestre del 2023 e che la crisi provocata dalla guerra ha fatto aumentare del 118 per cento il prezzo del carburante.

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