Con l'assemblea di ieri anche Exor, cassaforte della famiglia Agnelli, ha detto definitivamente addio all'Italia e d'ora in poi batterà bandiera olandese, mantenendo come unico legame con l'Italia la quotazione a Piazza Affari. Le sirene di Amsterdam, d'altro canto, sono irresistibili: il trasferimento in Olanda garantisce agli azionisti di azzerare la tassazione sulle plusvalenze che, invece, nel nostro Paese in Italia sarebbero tassate al 5 per cento. Un'altra provincia dell'impero degli Agnelli, dopo Fca, Cnh e Ferrari, lascia definitivamente i confini italiani in cui, per ora, rimane solo la Juventus. E l'esodo delle imprese e dei capitani d'impresa che scelgono di traslocare oltreconfine si allunga di giorno in giorno. Tutto questo proprio mentre l'alta finanza, riunita in questi a Cernobbio per il Forum Ambrosetti, venerdì applaudiva entusiasticamente il premier Matteo Renzi, proprio nel giorno in cui l'Istat confermava la crescita zero nel Paese.
La destinazione è presto detta: stati con un costo del lavoro inferire al nostro, una burocrazia leggera, leggi certe e, soprattutto, un peso fiscale accettabile. Si consideri solo che in Italia la tassazione sugli utili tocca il 31,4%, rispetto al 20% richiesto in Svizzera, al 12,5% in Irlanda e al 10% della Bulgaria. Se poi a queste si aggiungono le imposte sul lavoro, nel Belpaese il peso fiscale può addirittura sfiorare il 70% rispetto al 48% della Germania, al 37% della Gran Bretagna e al 21% del Lussemburgo. Ecco quindi spiegato, in numeri, il principale motivo per cui, le imprese italiane sono in fuga. A iniziare da quelle del «cerchio magico» di Renzi. Come Algebris, ad esempio, fondo di investimento di Davide Serra, tra i fedelissimi di Renzi, che però ha sede a Londra.
Non è quindi un caso che, in un sondaggio effettuato ieri tra i partecipanti ai lavori del Forum Ambrosetti, solo il 38,2% degli intervistati, ovvero neppure quattro su dieci, ha dichiarato di prevedere investimenti in Italia nel 2017. Tutti gli altri guardano oltre confine. La scelta non manca.
Gli Agnelli peraltro sono solo una delle tante famiglie di imprenditori italiane che, nel corso degli anni, hanno guardato oltreconfine. I Rocca, storica famiglia di industriali bergamasca, sono stati tra i primi a valicare il confine: oggi l'indirizzo di Tenaris è nel Principato del Lussemburgo. Nel corso degli anni hanno portato quanto meno le proprie casseforti altrove tra gli altri: i Ferrero che, pur mantenendo il cuore ad Alba, hanno portato la testa in Lussemburgo con Holding Ferrero International S.a. da cui dipendono le decisioni che riguardano tutti i 22 stabilimenti e i 53 mercati in cui è presente il marchio; Leonardo Del Vecchio con la lussemburghese Delfin (qui sono custoditi il controllo di Luxottica, ma anche quote di peso in Generali, in Foncière des Régions, a cui peraltro fa capo la stessa Beni Stabili); i Cordero di Montezemolo con il fondo lussemburghese di private equity Charme che conta su un parterre di élite di soci e investe privilegiando il made in Italy; i Garrone con la lussemburghese Polcevera S.a.(a cui fa capo il 7% di Erg). Azimut finora ha solo accennato alla possibilità lo scorso aprile. Ma si sa, per il risparmio gestito l'indirizzo migliore è Dublino.
D'altro canto se i cervelli fuggono all'estero, i benestanti cercano i paradisi fiscali e i pensionati prendono la
rotta degli eden low cost a basso impatto fiscale, è ben comprensibile che anche gli imprenditori, che pure a parole sostengono il governo, quando c'è da decidere dei propri investimenti scelgano la strada più conveniente.
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