MilanoNon solo ormai la certezza che i lavori non finiranno in tempo per l'inaugurazione del primo maggio, alla quale del resto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha già deciso di non partecipare, ma adesso anche i battibecchi tra il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il premier Matteo Renzi sempre più smanioso di appoggiare il suo cappello sulla vetrina dell'Expo. Un evento in cui solo Milano, anzi solo il sindaco Letizia Moratti all'inizio credeva, ma che con l'avvicinarsi di un nastro da tagliare in diretta con le tivù di tutto il mondo, sta scatenando gli appetiti di un esercito di parvenu .
L'ultima volta era stato a Capodanno, poi ieri è toccato anche a Pasquetta. Devono essere le feste comandate a invogliare Pisapia a fare un giro nel cantiere Expo guidato dal commissario Giuseppe Sala e accompagnato dalla moglie. Una visita «riservata e privata», ha detto un po' snob indossando pettorina fosforescente e caschetto a giornalisti e fotografi che gli chiedevano perché non fosse possibile seguirli. Alla fine poco spirito pasquale e molta voglia di rispondere a Renzi che in un'intervista al Messaggero aveva fatto come al solito il primo della classe, dicendo che è «un miracolo» riuscire a far l'Expo «per come abbiamo trovato la situazione». E Pisapia pronto a rispondergli tra la polvere del cantiere che gli sforzi son cominciati ben prima di quando lui è diventato premier. L'ennesimo battibecco tra i due che non si sono mai amati e il cui conflitto è diventato ancor più evidente con il gran rifiuto di Pisapia alla ricandidatura a sindaco annunciato con oltre un anno di anticipo. Mettendo nei guai la sinistra. Ed è lo stesso Sala, uno che di Pisapia potrebbe essere l'erede a Palazzo Marino, a invitare Renzi a lasciar stare «la sacralità della parola miracolo», riconoscendo piuttosto «che sia un atto di devozione quello che gli operai stanno facendo». Con tanto di candidatura all'Ambrogino d'oro, la massima onorificenza.
È però lo stesso Pisapia a evocare a sua volta il soprannaturale (tanto per capire quale sia la situazione dell'Expo). «Partendo con tre anni di ritardo - ha accusato i vertici dell'Expo che lo hanno preceduto - la mia amministrazione con le altre istituzioni sta facendo un miracolo». Ma con la Regione a trazione leghista di Roberto Maroni che con l'assessore Alessandro Sorte manifesta tutta «la preoccupazione per le opere incompiute che sono sotto la responsabilità del Comune». Visto che «il mancato completamento dei collaudi della M5 è destinato a procurare disagi», mentre «l'altro nodo da sciogliere è la strada Zara-Expo che sarà ultimata solo durante l'estate: un ritardo che compromette il collegamento delle navette». Dal Comune replicano che «la M5 sarà inaugurata con l'inizio di Expo».
Nulla di nuovo. Ora che si avvicina il momento dell'esame, va in onda l'italico vizio dello scarica barile in un Paese pronto a fare la solita figura dello studente svogliato che si trova a recuperare la notte prima dell'interrogazione tutte quelle pagine lasciate indietro quando era il momento di studiare. Ma Pisapia, almeno a parole, dice che «sono stati fatti grandi e importanti passi avanti». Anche se non può negare che Palazzo Italia, una delle strutture più in ritardo, «forse non sarà tutto finito, ma già il primo maggio ci sarà la possibilità di visitare i suoi spazi espositivi». Un concetto che sembra poter valere un po' per tutta l'Expo, i cui ritardi saranno qui e là abilmente camuffati in attesa della fine dei lavori che procederanno sotto gli occhi dei visitatori in arrivo da tutto il mondo. E anche ieri, nonostante la festa, all'opera c'erano centinaia di operai che nei giorni normali ormai arrivano a 6.500.
Oggi a Milano arriva un altro protagonista dell'Expo, il presidente dell'Autorità anticorruzione Raffaele Cantone. Sul suo tavolo il dossier del Padiglione Italia, il cui budget (altro vizio italico) è già lievitato da 60 a 92 milioni di euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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