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La faida interna M5s su Ilva. La Cgil tifa per nazionalizzare

Di Maio e la Lezzi spingono per il no allo scudo, ma i grillini hanno dubbi. Conte vede domani la Mittal

La faida interna M5s su Ilva. La Cgil tifa per nazionalizzare

Anche sull'Ilva il M5s si appresta a vivere il suo ennesimo scontro interno tra fazioni opposte. L'appuntamento è a Palazzo Chigi, forse già domani mattina, alla presenza del premier Giuseppe Conte, dei ministri grillini Stefano Patuanelli e Luigi Di Maio, e dei parlamentari pugliesi del M5s. Sul tavolo c'è il ripristino di uno scudo penale per ArcelorMittal, la condizione chiesta dall'azienda per restare a Taranto. L'ipotesi spacca in due i Cinque Stelle. La maggioranza del gruppo parlamentare, composto da molti peones decisi a restare incollati alla poltrona il più a lungo possibile, è favorevole a trovare una soluzione di compromesso che soddisfi le richieste di ArcelorMittal. Ma se la fazione del no è minoritaria, è però guidata dal capo politico del Movimento, Luigi Di Maio. Ancora ieri il ministro, riferendosi alla questione Ilva, ha attaccato i sovranisti che «si schierano dalla parte delle multinazionali» e che quindi «stanno sempre parte opposta rispetto al concetto di sovranismo». Anche l'ex ministra Barbara Lezzi, principale responsabile dello scontro con il gruppo franco-indiano, è tornata alla carica sull'estensione dello scudo che «non può essere una soluzione», l'unica strada invece a suo dire sono investimenti pubblici sull'impianto, «possono essere fondi nazionali e possono esserci anche fondi europei».

In effetti nella maggioranza si fa strada che l'idea di un intervento pubblico.

E non si esclude affatto la nazionalizzazione, addebitando l'enorme costo del salvataggio ai contribuenti italiani, sul tragico modello Alitalia. La statalizzazione piace al M5s, piace alla gamba sinistra del governo (Leu e sinistra meridionalista del Pd), potrebbe essere una via d'uscita per Conte che non esclude questa via («Valutiamo tutte le possibili alternative») e trova appoggio anche nel sindacato rosso, la Cgil, molto in sintonia con il governo giallorosso. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini è molto favorevole ad una Ilva pubblica: «Io sono per l'ingresso dello Stato nella società. Noi al governo stiamo dicendo che è utile, visto che c'è un accordo, che ci sia anche un ingresso dello Stato dentro questa società, in modo da controllare che gli investimenti si fanno e anche che le politiche vengono realizzate - spiega Landini dalla Annunziata su Rai3 -. In Italia manca politica industriale di 20 anni, all'estero ci sono, come per il mercato automobilistico, esempi dove lo Stato è dentro. A questo punto se l'acciaio è strategico dobbiamo garantire una politica industriale. Il mercato da solo questa crisi non la risolve». Anche dentro Leu sono convinti che «se Arcelor Mittal vuole risedersi al tavolo per rispettare gli impegni, benissimo. Altrimenti si verifichi fino in fondo la carta della nazionalizzazione. In questa partita, lo Stato non può perdere» dice il senatore di Leu Francesco Laforgia.

Notizie, non confermate da Palazzo Chigi, riferiscono che sia possibile un incontro domani tra Conte e i vertici di Arcelor. Il premier punta ad un negoziato che metta in campo una serie di condizioni favorevoli all'azienda: un aumento della cassa integrazione, già attiva per 1.276 dipendenti, uno sconto sull'affitto degli stabilimenti e una nuova forma di scudo penale. Su questo però c'è il no dei vertici M5s, mentre i renziani di Iv sono pronti a presentare un emendamento al decreto fiscale per reintrodurlo («Via ogni alibi per Mittal» dice la ministra Bellanova), favorevole una parte del Pd. Insomma una situazione di totale caos nella maggioranza.

Picchia duro Salvini: «Faremo di tutto per salvare le migliaia di operai dell'Ilva massacrati da un governo di imbecilli».

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