Il governo Meloni corregge le storture della legge Fornero per le pensioni dei «millennials». Nella manovra appena varata dall'esecutivo e ora al vaglio delle Camere, all'articolo 26 è contenuta la svolta normativa che cancella un'ingiustizia del sistema previdenziale italiano contro tutti quei lavoratori che andranno in pensione con il regime contributivo, introdotto nel 1996 con la riforma Dini. La stortura, cancellata dal centrodestra, è però successiva all'epoca Dini ed è stata voluta nel 2014 dal governo Monti con la legge Fornero. Di cosa parliamo? Di un tema che investe soprattutto le nuove generazioni. Coloro i quali avranno poche chance di andare in pensione con un assegno dignitoso. Cosa prevede la normativa in vigore è sancito all'articolo 24. In pratica, oggi un lavoratore può andare in pensione se maturano due requisiti: 67 anni di età (per i maschi) e 20 di contributi. Questi due elementi sono essenziali. Cosa varia è invece l'assegno di pensione. Fino a prima della legge di bilancio «targata Meloni», il lavoratore aveva diritto a un assegno di pensione, calcolato sulla base dei contributi versati, solo se aveva maturato una pensione pari all'1,5 volte superiore all'importo della pensione minima. Se non si verificava questa condizione, il lavoratore doveva attendere il compimento del 71°anno per incassare un assegno di pensione superiore all'importo minimo (503 euro) e calcolato sulla base dei contributi versati. Queste condizioni vengono eliminate. Oggi si può andare in pensione a 67 anni e 20 anni di contributi con l'assegno commisurato a quanto versato nel corso della propria vita lavorativa senza attendere i 71 anni. Se hai diritto a un assegno di pensione pari a 900 euro puoi intascarlo già al compimento del 67° anno senza attendere i 71 anni. In sostanza è un intervento in favore delle generazioni più giovani, dei «millennials». Misura che sana una stortura; che cancella uno dei tanti paradossi italiani. Chiaro per tutti. Ma non per il quotidiano Repubblica che invece il 25 ottobre scorso spara il titolo: «Fine lavoro mai. Per la pensione dei Millennials orizzonte 71 anni e assegni più magri». L'allarme accompagna un pezzo dello stesso quotidiano sull'intervento del governo in materia di pensioni per i millennials. Walter Rizzetto (foto) presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente Fdi, smonta la fake news: «Titolo e pezzo fuorviante, totale ribaltamento della realtà. Si attribuisce al governo la stortura di una legge già esistente e che noi abbiamo sanato». Ma quello sulle pensioni dei millennials non è l'unico intervento del governo in favore delle nuove generazione.
Nella prossima legge di bilancio troverà spazio un'altra novità: la possibilità di coprire i buchi contributivi, fino a massimo di cinque anni, per raggiungere i requisiti per la pensione. Il riscatto dei contributi sarà pagato con misure agevolate.
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