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Il fango della sinistra sulla sanità-modello della Lombardia

Gentile direttore,ora che la campagna elettorale è finita e i cittadini si sono espressi, possiamo svolgere alcune considerazioni particolarmente illuminanti sul rapporto tra comunicazione, sanità e ideologia.

Il fango della sinistra sulla sanità-modello della Lombardia

Intervento di Andrea Camaiora*

Gentile direttore,

ora che la campagna elettorale è finita e i cittadini si sono espressi, possiamo svolgere alcune considerazioni particolarmente illuminanti sul rapporto tra comunicazione, sanità e ideologia.

Da anni è in corso un tentativo sistematico di mettere in discussione un modello di integrazione in sanità tra pubblico e privato introdotto in Lombardia dal governatore Roberto Formigoni che ha reso possibile uno dei sistemi più avanzati in Europa e il migliore in Italia.

Del modello più efficiente occorreva far passare che «vi fosse anche corruzione». Poi è stato il turno di Roberto Maroni, Massimo Garavaglia e Mario Mantovani per affermare l'idea che fosse «il più corrotto». Fa niente che poi Mantovani, per citarne uno, anni dopo abbia inanellato assoluzioni su assoluzioni.

Infine col governatore Fontana, sopraggiunto il Covid, dovevamo credere alla frottola che il sistema lombardo fosse «oltreché corrotto anche inefficiente». Si doveva sorvolare sulla recrudescenza con la quale il Covid, prima in Italia, avesse travolto la Lombardia. A un certo punto il sistema dell'informazione faceva intendere che le persone perissero non già per un virus spietato e sconosciuto ma per una regione malgovernata e una sanità a pezzi, senza pensare a ciò che sarebbe accaduto se un simile fenomeno si fosse abbattuto, ad esempio, su Toscana o Lazio.

A ben leggere i dati forniti dal ministero della Salute, naturalmente, curarsi in Lombardia è assai spesso il modo migliore per guarire ma nelle ultime tre settimane prima del voto si sono nuovamente susseguite una tamburellante serie di notizie che riguardavano i presunti problemi della sanità lombarda, fino a un recente servizio dell'immancabile Report sulle liste d'attesa che aveva come principale obiettivo la Lombardia.

È servito tutto questo? No. Gli elettori lombardi che sono anche i pazienti lombardi hanno detto che il modello affermato nella seconda metà degli anni '90 (e anche più o meno mal copiato dalle altre regioni) dà spazio ai privati per offrire un servizio autenticamente pubblico, che non conosce distinzioni di portafoglio nel garantire le cure, e che sarà certamente perfettibile, ma che a oggi è il migliore sulla piazza. Il contributo della sanità privata a quella pubblica, nell'interesse dei cittadini, è emblematico se si bada alle cifre. Trovano cura nel privato il 40% delle prestazioni di ricovero, il 50% della ambulatoriali, il 60% dei cittadini non lombardi che vengono nella regione per prestazioni altamente complesse. Ben 14 su 18 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono privati, così come 101 presidi ospedalieri su 220. E questo senza contare le strutture socio sanitarie, gli ambulatori, gli atenei privati di eccellenza mondiale come ad esempio l'Humanitas. Insomma, passate queste elezioni, più che da smantellare il modello Lombardia, come voleva fare il candidato Majorino, c'è semmai da estendere quel modello a vantaggio dei cittadini meno fortunati delle altre regioni italiane.

*esperto di comunicazione e spin doctor

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