Quel fascino discreto della borghesia anni '70

Da Miuccia Prada a Brunello Cucinelli, la donna ritrova l'eleganza in tutta la sua semplicità

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Milano «La sensazione del momento? Troppo. C'è troppo di tutto. Troppi consumi, troppi orpelli, troppa apparenza. Ho cercato di fare meno. Di pensare più allo stile che alla moda: un lavoro di sottrazione». Miuccia Prada è un fiume in piena nel descrivere la sua strepitosa collezione per l'estate 2020: un inno a quel tipo di semplicità che non ha niente da spartire con il minimalismo.

Dopo 3/4 stagioni di tentennamenti e scivoloni verso un nuovo che non c'è, la grande signora del made in Italy torna a fare quel che nessuno sa far bene come lei: la rilettura di quegli archetipi dell'eleganza femminile per chi tocca rubare il titolo al più bel film di Buñuel. Il fascino discreto della borghesia è anche in una semplice gonna dritta e lunga fino a metà polpaccio portata con solidi mocassini in cuoio grasso e un sottile pullover di mohair. Sta pure nei tailleur con le impeccabili giacche sartoriali che definiscono a volte i pantaloni un po' svasati in fondo, a volte queste belle sottane da signora che non mostra neanche un centimetro di pelle nuda, ma come minimo ha letto i racconti erotici di Tanizaki o le sensuali pagine di Anais Nin. L'immagine è completata da borse a secchiello alternate a lussuose borsette dal gusto retrò, il classico cappello a cloche che aggiunge un tocco d'oro a una palette che spazia dall'apparentemente semplice (panna, caramello, nero e beige) al volutamente complicato dell'indimenticabile cappottino arancio e di tutte le fantasie geometriche anni Settanta. Insomma dire brava stavolta non basta, una risposta ferma, civile e molto italiana alla presunta supremazia francese nel gran ballo delle tendenze.

Non è la sola in questa prima giornata di sfilate milanesi. Per esempio Brunello Cucinelli rielabora a modo suo le gonne-pantaloni che tutti vogliono dopo l'ultima sfilata di Hedi Slimane per Celine, il perfetto chemisier dal gusto coloniale oppure gli eterni jeans consumati ad arte. Ma accanto a questi pezzi che ogni donna dovrebbe avere nell'armadio d'estate, propone le stupefacenti maglie Opera, fatte a mano (24 di lavoro come minimo)utilizzando per ogni capo 18 gomitoli di cotone, lino, juta e non si sa bene quante paillette. Alessandro dell'Acqua per la sua prima sfilata co-ed s'inchina alla cosiddetta collezione dello scandalo creata da Yves Saint Laurent nel 1971, una pietra miliare della moda. La sua ricerca di un erotismo sussurrato e intelligente che scopre piccole porzioni di pelle nella costruzione sartoriale delle giacche come nel sapiente dosaggio tra ricami e trasparenze, è tanto poetica quanto provocatoria. Non a caso l'invito nasconde un paio di slip unisex in tulle color carne che non ha niente di volgare ma anzi dice che sono ben altre le cose di cui scandalizzarsi. Anche Alberta Ferretti rilegge gli anni Settanta senza mai cadere negli eccessi di quel periodo libertino e libertario, ma costruendo un nuovo tipo d'immagine al denim arancio tie and die, ai motivi animalier con gusto grafico ai sublimi intarsi di chiffon sui lunghi abiti da indossare anche di giorno e con scarpe piatte. Semplicemente meravigliosa la collezione giapponese di Daniele Calcaterra, designer bresciano che applica l'apparente semplicità del kimono a qualunque cosa con tagli perfetti e sofisticati giochi di luce kaki sul tutto bianco, tutto nero o rosso lacca. Ottima prova di Francesca Liberatore, designer romana che la moda ha sottratto all'arte.

I suoi mostri marini stampati e ricamati su lunghe tuniche svolazzanti fanno pensare all'indimenticabile mostra di Damien Hirst su un'immaginaria nave piena di tesori in fondo al mare. Molto belli anche i costumi da bagno creati per Arena. Troppo lunga ma ben diretta la sfilata intorno alla piscina de I bagni misteriosi.

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