Nel day after dell'assoluzione di Silvio Berlusconi il dibattito sulla giustizia tiene banco soprattutto all'interno del centrodestra. La richiesta rilanciata da Forza Italia sulla necessità di una Commissione di inchiesta sull'operato della magistratura e sull'uso politico dei processi diventa tema di confronto e di dibattito. Se gli azzurri vedono in questo organo parlamentare una opportunità per fare chiarezza e storicizzare l'infinita parabola di processi subiti dal Cavaliere con esito quasi a senso unico - è arrivato alla 135esima assoluzione, fa notare Giorgio Mulè - Fratelli d'Italia non nasconde le proprie perplessità.
In realtà il partito di Giorgia Meloni non vuole dare il destro a chi vuole far passare la riforma della giustizia come una sorta di guanto di sfida lanciato alla magistratura. «Sono questioni separate» dice il ministro, Francesco Lollobrigida (nella foto), a La Stampa. «Lo sconfinamento di una parte della magistratura pone dei dubbi su atteggiamenti che Berlusconi ha spesso definito persecutori. Oggi la storia gli dà ragione», dice il ministro. «Ma la commissione parlamentare non è all'ordine del giorno. Detto ciò, ci sono diverse proposte in Parlamento per fare chiarezza su alcune inchieste che hanno riguardato la politica, dove resta il dubbio di intenti persecutori da parte di alcuni magistrati». Per i meloniani non bisogna fare di «tutta un'erba un fascio: il 90% dei magistrati fa bene il proprio lavoro». Del resto la presidenza del Consiglio ha fatto la sua parte alla vigilia della sentenza di assoluzione, ritirando la costituzione di parte civile dello Stato proprio nel processo Ruby ter. Insomma «per Fratelli d'Italia» come spiega Tommaso Foti, «la priorità è la riforma della giustizia, perché gli italiani hanno bisogno di una giustizia certa, giusta e in tempi rapidi».
Forza Italia però tiene alta la guardia e con Licia Ronzulli fa notare che «la richiesta di una commissione d'inchiesta era una proposta di legge già presentata nella scorsa legislatura e ripresa all'inizio di questa, a firma, tra gli altri, di Mulè e Tajani. Quindi, non stiamo parlando di un'esigenza evidenziata in seguito all'esito della sentenza, ma di una richiesta precedente, che vuole far luce in generale su ciò che è accaduto in questi anni, che dia risposte non a noi, ma agli italiani. Noi la verità sull'innocenza del presidente Berlusconi la sapevamo da sempre». Un elemento sottolineato anche da Maurizio Gasparri che mette l'accento sulla dimensione tragica che ha avuto l'uso politico della giustizia. «Se chiediamo una commissione di inchiesta non è certo per vendetta».
Il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, dall'alto della sua formazione giuridica, smentisce invece alcune cose che sono state scritte. «Che l'assoluzione derivi da un cavillo è una fake news giudiziaria. Qui non si parla di cavilli ma di garanzie che vanno tutelate. Se un soggetto indagato deve essere ascoltato, deve esserlo con tutte le garanzie. Se un soggetto viene, invece, sentito come testimone, queste garanzie non sono previste.
Basti pensare al non-obbligo di dire la verità, alla possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere, all'assistenza di un avvocato: tutte garanzie che per un testimone non esistono e per un imputato sì. Le garanzie processuali vanno riconosciute a qualsiasi cittadino, nessuno escluso».
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