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La Fed a gamba tesa su Trump: "Con lui economia a rischio"

La numero uno Janet Yellen attacca duramente il presidente e assicura: "Nessuna influenza. Io resto dove sono"

La Fed a gamba tesa su Trump: "Con lui economia a rischio"

Il tono di voce è il solito, monocorde e un po' noioso, ma basta e avanza per spettinare Donald Trump, far coriandoli della Trumpflation, picconare dalle fondamenta l'idea di riportare il Far West a Wall Street e lanciare qualche caveat sulle cambiali in bianco che gli stimoli economici poi costringono a firmare. Auto-silenziatasi durante la campagna elettorale, quando nell'emettere giudizi su The Donald era parsa più sfuggente di una saponetta bagnata, Janet Yellen si è trasformata ieri in un fiume in piena nell'audizione davanti al Congresso Usa. Al punto da far passare in secondo piano il rialzo dei tassi, dato quasi scontato in dicembre.

Aveva macigni da togliersi dalle scarpe, Janet, e tanti messaggi al curaro da inviare al futuro inquilino della casa Bianca. Uno su tutti: dallo scranno di presidente della Federal Reserve non ha nessuna intenzione di schiodarsi. «È pienamente mia intenzione di servire fino al termine del mio mandato». Scadenza, gennaio 2018. Un altro anno abbondante in cui la lady con le chiavi di Eccles Building, il palazzo neoclassico che ospita la banca centrale americana, rischierà di incrociare più volte la spada con un parlamento colorato perlopiù del rosso del Grand Old Party. Ma se i repubblicani, potendo contare sulla maggioranza nei due rami del parlamento, pensano di poter mettere le mani sulla Fed, si sbagliano di grosso. Perché la Fed non si tocca: è autonoma e indipendente dal potere politico, e così deve restare. «Ci sono chiari segnali di un terribile impatto sull'economia», spiega il successore di Ben Bernanke, quando gli istituti centrali «sono sottoposti a pressioni politiche». Danni sotto forma di un'iperinflazione in quei Paesi costretti ad acquistare debito.

Avendo tra i propri obiettivi anche la stabilità dei prezzi, è evidente che, in prospettiva, la presidente della Fed guardi con qualche preoccupazione alla politica di deficit spending annunciata da Trump per rimodernare le infrastrutture, rendere più forte la crescita economica e dare nuove certezze a quella classe media che ha raccolto solo briciole durante l'amministrazione Obama. Un surriscaldamento dei prezzi e un ulteriore aumento del debito rispetto ai 16mila miliardi di dollari attuali è del resto un mix assai sgradevole con cui fare i conti. Serve prudenza, sembra indicare la Yellen, quando si sofferma sul proposito manifestato dal tycoon di tagliare le tasse alle imprese. Misure di questo genere, ammonisce, «possono avere un impatto sull'indebitamento a lungo termine».

Per la verità, la politica monetaria perseguita negli ultimi anni dalla Fed è stata tutto fuorché prudente, fino al punto da farne esplodere il bilancio fino a 4mila miliardi, il triplo se confrontato con i mille miliardi scarsi del 2008. Ma a partire dalla crisi dei mutui subprime e fino ad anni ancora recenti, c'erano da rimuovere le macerie sotto le quali era rimasto sepolto il sistema finanziario prima e poi l'economia reale. Un periodo d'emergenza servito anche per mettere a punto una serie di norme, contenute perlopiù nel Dodd-Frank Act voluto da Obama, tese a impedire scorribande sui mercati finanziari. Trump ha già detto di voler metter le mani su queste regole, modificandole per liberare il sistema da troppi vincoli. In una parola, deregulation. La Yellen non ci sta: «Non vorrei vedere l'orologio tornare indietro: oggi il sistema finanziario ha standard più sicuri e un capitale più alto. Non sarebbe opportuno tornare ai precedenti standard sui mutui che hanno portato alla crisi».

Insomma, nessun segnale di distensione verso chi governerà l'America nei prossimi quattro anni, nessuna arrendevolezza. Anzi. La Yellen è già asserragliata nel suo fortino. E promette battaglia. Consapevole, però, che già il mese prossimo dovrà dare risposte sul rialzo dei tassi. «Arriverà relativamente presto», dice. Ancora nessuna certezza temporale, quindi. Come se la Fed volesse tenersi le mani libere proprio perché l'elezione di Trump ha aggiunto un'altra variabile, un'incertezza non calcolata. Janet lo spiega chiaramente: «Quando ci sarà maggiore chiarezza sulla posizione del governo sulle questioni economiche, la Fed valuterà il possibile effetto sull'outlook economico».

Di sicuro, saranno mesi interessanti.

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