Festa finita, Draghi e l'Italia pagano il conto di Macron

Dagli Eurobond alla flessibilità, l'asse Francia-Italia non c'è più. E la Germania annuncia: si torna al rigore

Festa finita, Draghi e l'Italia pagano il conto di Macron

Comunque vada l'Italia rischia di rimanere a bocca asciutta. Isolata e penalizzata. Perché se tutte le premesse della campagna elettorale di Macron erano in linea con i nostri interessi nazionali, gli sviluppi a soli tre giorni dal voto, sono tutti a sfavore dell'Italia.

Vediamo i fatti. Da Angela Merkel - a dimostrazione che l'asse Parigi Berlino non è poi così scontato né indolore per i francesi - sono arrivati un paio di no secchi alle proposte del neopresidente francese. Quelle che facevano comodo anche a noi.

Innanzitutto gli eurobond. Sono i titoli d debito pubblico europei. Ci sono varie ricette in circolazione, ma la sostanza è che il rischio legato al debito dei singoli membri viene spalmato su tutta l'Eurozona. Di meglio non potremmo chiedere noi italiani e in questo senso gli entusiasmi post elezioni francesi dei giorni scorsi potevano essere giustificati.

Peccato che la bocciatura della cancelliera, azionista di maggioranza dell'Ue, sia arrivata a strettissimo giro di posta. Poche ore dopo la proclamazione del nuovo presidente francese, Merkel ha indirettamente escluso che se ne possa parlare. Uno dei cardini di una possibile alleanza tra l'Italia e la Francia del nuovo corso viene automaticamente meno.

Lo stop alla flessibilità, quindi alla possibilità di sforare i limiti del deficit previsti dai patti europei, è già arrivato da un paio di giorni. Un no ufficiali da parte del presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker quando ha detto che la Francia «spende troppo e spende male». Uno stop a Parigi, facilmente applicabile anche agli tre paesi latini (Spagna, Portogallo e Italia) che nei giorni scorsi hanno firmato un documento per riformare i vincoli europei sulle finanze pubbliche. Ieri un altolà anche sul tema, più simbolico, del ministro unico delle finanze europeo. «Meglio pensarci due volte».

È venuta meno anche l'unica minima arma di ricatto dei paesi latini verso la Germania. Macron durante la campagna elettorale ha fatto riferimento al surplus commerciale della Germania. La notizia di ieri è che in marzo il saldo tra export e import era in calo, ma sempre altissimo a 19,6 miliardi di euro. Una infrazione delle regole europee, visto che Berlino non fa nulla per ridurlo. Merkel ha respinto le contestazioni, prendendo di mira la politica di tassi della Bce di Mario Draghi.

Se Macron vorrà ottenere qualcosa dovrà quindi fare delle concessioni alla Germania e concentrarsi su battaglie che la Francia sia in grado di vincere. Non i tabù tedeschi, quindi. «Molto meglio per loro - spiegava ieri Emanuele Canegrati senior economist di Black pearlFx - cercare di accapararsi quello che perderà il Regno Unito post Brexit». Quindi sedi di autorità europee e la possibilità di fare diventare Parigi e Francoforte sedi appetibili per le società finanziarie in fuga da Londra.

Anche su questi compromessi al ribasso, il destino dell'Italia è rimanere fuori o comunque con un ruolo marginale. Non più coperta dal Quantitative easing della Bce e quindi più di dieci miliardi all'anno di maggiori interessi sul debito e con pochi spazi di manovra in Europa. Proprio ieri il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha detto che la politica dei tassi della Bce ha giorni contati.

Poi c'è un altro aspetto che rischia di

danneggiarci della presidenza Macron. Il nuovo presidente francese non è socialista. Il Pd, che è partito di maggioranza e primo azionista del governo, sì. Unico paese dell'Ue insieme al Portogallo con una maggioranza non moderata.

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