Il Palazzo tira un sospiro di sollievo: Roberto Fico si tira fuori dalla corsa per Palazzo Chigi. L'opzione (messa sul tavolo dal Pd) di Fico premier in un esecutivo dem-Cinque stelle è durata il tempo di una notte. Ieri mattina è arrivato il passo indietro del numero di Montecitorio: «Roberto Fico ricopre l'incarico di Presidente della Camera dei Deputati e intende responsabilmente dare continuità al suo ruolo», riferiscono fonti vicine alla presidenza della Camera dei Deputati.
Il no di Fico alla poltrona di presidente del Consiglio toglie dall'imbarazzo il Palazzo. In fondo anche al Colle c'erano molte perplessità sul nome del parlamentare napoletano alla guida di un esecutivo. Non perché Fico abbia sfigurato nel suo primo anno alla guida del Parlamento. Anzi, il leader dell'ala ortodossa del Movimento ha svolto il suo compito (sotto l'ala del capo dello Stato Sergio Mattarella) con precisione e imparzialità. Senza alcuna fuga in avanti o voglia di protagonismo. Eccezion fatta per qualche scontro con Emanuele Fiano del Pd o con Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia, Fico non è mai entrato in conflitto con i gruppi politici. Si è limitato ad essere arbitro del dibattito parlamentare. Direzione opposta a quella dei presidenti che l'hanno preceduto. Da Gianfranco Fini a Laura Boldrini che si comportavano da leader politici.
Solo l'avvio è stato un po' balbettante per un paio di grillinate: dagli spostamenti in autobus al pugno in alto. Poi i richiami (in privato) di Mattarella l'hanno calato bene nell'abito di soldatino delle Istituzioni. Però, ora, lo stesso Palazzo, che ha apprezzato il primo anno del soldatino Fico a Montecitorio, è terrorizzato dall'idea di vedere un capo del governo in barbetta, capelli spettinati e voce flebile. Quel Palazzo che l'ha quasi coccolato nel primo anno ora è impaurito dall'ipotesi di veder Fico mentre stringe la mano a Donald Trump. O mentre sigla un bilaterale con la Russia sotto lo sguardo di Vladimir Putin.
In fondo, Fico è rimasto un'attivista del Movimento. Certo, oggi viaggia con scorta e auto blu ma non ha perso l'immagine di militante del territorio. Non ha il carisma accademico del professore Giuseppe Conte. E nemmeno il volto istituzionale, del ragazzo modello in giacca e cravatta, di Luigi Di Maio. E non possiede la dialettica sciolta del capo politico dei 5 stelle. E anche Matteo Salvini, che gira in spiaggia in costume tra mojito, dj e cubiste, farebbe la figura dello statista al confronto con Fico. E dunque, il passo indietro del parlamentare napoletano ha risolto non solo un problema politico nel M5s ma soprattutto ha spento i timori del Palazzo. E infatti le battute (al veleno) su Fico premier già erano partite. «Tra un fico vero e un fico a Chigi secondo me siamo in tanti a preferire il primo»- ironizza Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria. Anna Maria Bernini, capogruppo di Fi, rincara la dose: «Il tentativo di coprire con una foglia di Fico l'avventurosa alleanza tra 5 Stelle e Pd è un altro segnale che tra i due promessi sposi regna ancora il tatticismo più estremo, esattamente il contrario di quanto ha chiesto il presidente Mattarella con parole chiarissime. Ma l'altra ipotesi in campo, quella del governo Canossa con Di Maio premier di un altro contratto gialloverde, sarebbe ugualmente disastrosa.
è uno spettacolo farsesco, in cui si parla di incarichi e non di programmi, e spunta perfino la proposta geniale di un governo a staffetta tra Di Maio ed Enrico Letta. Giù il sipario, please». Ma il rischio ora non c'è più: Fico resta a Montecitorio. Il Palazzo festeggia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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