Fidel gela Raùl e Obama: «Niente regali americani»

Castro senior su «Granma» smorza gli entusiasmi per la visita del presidente Usa a Cuba dopo 88 anni

F idel Castro gela gli entusiasmi per la storica visita di Barack Obama a Cuba, definita l'inizio di una nuova era nelle relazioni tra Washington e L'Avana. L'ex leader cubano, 89 anni, prende le distanze dalla nuova fase avviata dal fratello Raùl e sceglie il quotidiano di stato, Granma, per fornire la propria versione sulle parole di amicizia pronunciate dal presidente americano. I cubani non hanno bisogno «che l'impero ci faccia regali di qualsiasi genere, i nostri sforzi saranno legali e pacifici, dal momento che questo è il nostro impegno verso la pace e la fraternità di tutti i popoli», afferma Castro in un editoriale ironicamente intitolato «Fratello Obama». L'ex lìder maximo, a una settimana dalla visita dell'inquilino della Casa Bianca, vuole dire la sua sulla politica estera del Paese e in particolare sul rapporto con gli Usa. E al contrario dell'atteggiamento distensivo del fratello minore, critica duramente il discorso che il Commander in Chief Usa ha tenuto davanti al popolo cubano al Teatro Nazionale dell'Avana.Obama ha citato Josè Martì, che nella sua poesia più famosa diceva «Coltivo una rosa bianca», e avanzava la sua offerta di amicizia e pace sia ai suoi amici che ai nemici. «Io, come presidente degli Stati Uniti d'America, sono qui a offrire al popolo cubano un saluto di pace. Sono venuto per seppellire le ultime tracce della Guerra Fredda», ha affermato da un teatro gremito, con l'attuale presidente Raùl Castro che applaudiva dal palco d'onore. Per Fidel, invece, quelle pronunciate da Obama sono solo «parole mielose». Tanto che riferendosi alla sua frase secondo cui ormai è «tempo di lasciarsi alle spalle il passato», commenta ironico: «Ognuno di noi ha rischiato l'infarto nel sentire quel discorso». La missiva di Castro - prima reazione alla tre giorni di Obama a Cuba - rispecchia lo stile inconfondibile dei suoi interminabili discorsi: si apre con la descrizione degli abusi ambientale sotto gli Spagnoli ed esamina il ruolo storico di eroi dell'indipendenza come José Martí, Antonio Maceo e Máximo Gómez. Poi, ricorda la lunga lista di contenziosi passati e presenti fra Cuba e le varie amministrazioni statunitensi: nella serie di denunce contro la politica di Washington non c'è solo l'isola caraibica, ma anche la guerra civile in Angola, alla quale hanno partecipato militari castristi in quella che Fidel definisce «una pagina onorabile nella lotta per la liberazione dell'essere umano».«Nessuno si illuda che il popolo di questo nobile e disinteressato Paese rinuncerà alla gloria e ai diritti, alla ricchezza spirituale che ha guadagnato con lo sviluppo dell'educazione, della scienza e della cultura», continua l'ex presidente cubano. «Siamo capaci di produrre il cibo e le ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno grazie al lavoro e all'intelligenza della nostra gente, non abbiamo bisogno che l'impero ci regali niente», ribadisce.

Obama, primo presidente americano a mettere piede a Cuba da 88 anni, per suggellare la storicità del suo viaggio ha spiegato che è giunto il momento di guardare ad un futuro di speranza: non sarà facile, ma «se puede», versione in spagnolo di quello che fu il suo celebre slogan elettorale «yes we can». Per l'ex lìder maximo, invece, decenni di blocco e «aggressioni» non si dimenticano.

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