Chi pensa che l'unico orco buono sia quello morto sarà felice. Ora che il padre colpevole di abusi sessuali sulla figlia quattordicenne e accusato da un tema scritto da quest'ultima ha confessato nel modo più orribile: si è ammazzato impiccandosi alla trave di una chiesa quasi abbandonata di Roccasecca, in uno scenario gotico e medievale come l'atmosfera di questa storia inimmaginabile.
L'uomo, 54 anni, era un agente di polizia penitenziaria a Cassino, in provincia di Frosinone. Aveva cinque figlie femmine e con una delle due maggiorenni qualche anno fa avrebbe tentato approcci sessuali. La vicenda in quell'occasione non uscì dalle mura domestiche ma l'uomo promise alla moglie che non si sarebbe mai più verificato nulla di simile. E invece con la figlia più piccola la storia si è ripetuta. Quello che sappiamo, quel poco che è uscito per il pudore e il rispetto che si deve ai protagonisti di una vicenda tanto schifosa, lo dobbiamo a un tema assegnato da una professoressa dell'istituto tecnico frequentato dalla ragazzina, trasformatasi nella dea ex machina di una tragedia greca. «Scrivi una lettera a tua madre confessandole ciò che non hai il coraggio di dirle», la traccia. Il coraggio la ragazza l'ha trovato, di raccontare quelle violenze che subiva spesso, quando si trovava solo con il padre. Cosa che la mamma le aveva suggerito di evitare dopo la brutta esperienza della sorella. Ma non è sempre facile dribblare un genitore, e così le attenzioni si erano verificate una, due, tre, fino a sette volte. L'uomo, dalla personalità manipolatoria, era riuscito a far credere alla figlia che che quel tipo di rapporto tra padre e figlia fosse una cosa normale.
Il tema, dunque. «Quando ho iniziato a leggere credevo fosse un incubo. Tremavo. Ogni parola pesava come un macigno. E più andavo avanti nella lettura, più mi rendevo conto che la storia di quel tema era drammaticamente vera», racconta la prof. Che segnala tutto alla dirigente scolastica, le due parlano con la ragazzina, si accertano che non si tratti di uno scherzo, quindi fanno l'unica cosa ragionevole: denunciano tutto alla polizia. Gli agenti ascoltano la ragazzina che conferma le violenze. Così un giudice per prima cosa dispone che l'uomo venga allontanato dalla casa familiare e che indossi un braccialetto elettronico che gli impedisca di avvicinarsi a meno di mille metri dalla ragazzina. L'uomo nel frattempo non conferma né nega i fatti, e gli avvocati della figlia dispongono un incidente probatorio che si sarebbe dovuto svolgere a febbraio.
Ma non ci sarà. La sentenza più definitiva l'uomo l'ha scritta ed eseguita da solo, a Roccasecca, il paese dove aveva trovato esilio dal fratello. L'uomo ha raggiunto la chiesetta di San Tommaso d'Aquino in località Castello, usata di rado, ha parcheggiato l'auto 200 metri in basso, ha affrontato la salita, ha legato un pezzo di corda alla grata di protezione della chiesa e all'altro capo ha fatto un cappio a cui ha infilato il collo. Il suo corpo è stato visto alle 9 di mattina da un passante che portava a spasso il cane. Oggi ci sarà l'autopsia sul corpo dell'uomo, disposta dal magistrato Chiara D'Orefice della Procura di Cassino.
Si piangono i morti ma si pensa ai vivi. Alla ragazzina devastata da una vicenda che la segnerà per la vita. Alla mamma che forse, probabilmente, certamente avrebbe potuto fare di più che chiedere alla figlia di non restare sola con il papà.
Ieri la donna ai microfono del Gr1 ha ancora cercato di difendere il marito: «Sono state dette tante cose non vere. E quello che avete detto ieri e l'altro ieri l'hanno portato a questo. Sono arrabbiata, non si sapeva ancora se era vero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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