"Finalmente finita la stagione forcaiola. Ma non ci servono timide riformicchie"

L'ex membro del Csm: "Giudizio in chiaroscuro sul testo del governo ma almeno si è tolto lo spettro di un processo che dura all'infinito"

"Finalmente finita la stagione forcaiola. Ma non ci servono timide riformicchie"

Bartolomeo Romano, ordinario di Diritto Penale all'università di Palermo e già componente laico del Csm tra il 2010 e il 2014, ha le idee chiare su quanto sta avvenendo in materia di giustizia penale.

Professore, qual è il suo giudizio sulla riforma Cartabia?

«Voglio innanzitutto dire che, finalmente, si respira un'aria nuova e si percepisce un'attenzione alle regole, alle garanzie, alla tutela della persona, chiunque essa sia, che non si avvertiva da anni. Al di là delle eventuali responsabilità penali dei singoli e rifuggendo generalizzazioni sbagliate, mi è sembrato un gesto di grande civiltà la visita del premier Draghi e della Guardasibilli Cartabia al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Anche il ripetuto richiamo della ministra alla Costituzione, compresi gli articoli sul giusto processo e sul diritto di difesa, finalmente conosciuta e letta per intero, mi sembra un superamento della stagione forcaiola e dei giustizialismi di piazza. Abbiamo vissuto tempi bui, nei quali princìpi di civiltà giuridica, costruiti e difesi nei decenni e persino nei secoli passati, sembravano vacillare per effetto di attacchi, sempre più duri e decisi, che rischiavano di colpire il cuore delle nostre libertà e della nostra democrazia».

Sono stati appena presentati degli emendamenti del governo. Migliorano il testo?

«Ecco, nel merito il giudizio è in chiaroscuro. Innanzitutto, nel metodo. La Cartabia ha insediato la Commissione Lattanzi che doveva ipotizzare emendamenti al disegno di legge lasciatoci da Bonafede. Per me, invece, occorreva abbandonarlo del tutto, perché pieno di ipotesi non condivisibili. Così, la riforma Cartabia, pur in gran parte positiva (penso, ad esempio, alla giustizia riparativa, cioè una sorta di mediazione), si presenta timida e, purtroppo, incompleta».

Ma l'Anm già insorge, criticando soprattutto le modifiche alla prescrizione.

«Bonafede, eliminando di fatto la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, ci ha lasciato un diritto penale senza tempo, con eterni giudicabili e vittime in perenne attesa di giustizia. Una soluzione inaccettabile perché lasciava l'imputato (anche se assolto) in balia di una spada di Damocle, schiacciando persino le libertà costituzionalmente garantite, tanto più se si pensa agli ingiusti effetti della legge Severino. Ora a quella prescrizione la Cartabia aggiunge una improcedibilità processuale. Tecnicamente la soluzione non mi convince. Ma almeno elimina lo spettro di un processo infinito, in linea con il dettato costituzionale della ragionevole durata del processo. L'Anm, e alcuni ex pubblici ministeri di casa in certi giornali, vedono il dito e non la luna».

E dei referendum proposti da Lega e Radicali che cosa pensa?

«Penso che siano la giusta spinta per innescare le riforme della giustizia penale, che devono comprendere anche il Csm, restringendo al massimo il peso delle correnti (penso ad un sistema elettorale misto: prima sorteggio e poi votazione), e l'ordinamento giudiziario, sino alla separazione delle carriere tra giudici e pm. Se il Parlamento vuole, faccia direttamente le riforme. Altrimenti, si dia la voce al popolo sovrano».

La spinta dell'Europa per il Recovery fund costringerà l'Italia a varare finalmente questa riforma attesa da tanti anni?

«Se non ci riusciamo ora, temo non ci riusciremo mai.

Ma una riformicchia, tanto per prendere i soldi, non serve all'Europa, ma soprattutto non serve all'Italia. Mi auguro che non si perda l'occasione per una riforma di sistema: e non tanto perché ce lo chiede l'Europa: lo dobbiamo chiedere a noi stessi per il futuro del nostro Paese».

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