Il fine vita mai delle cartelle esattoriali

Fisco poco amico

Il fine vita mai delle cartelle esattoriali
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Come ho avuto modo di scrivere su queste pagine, la svolta del cosiddetto fisco amico impressa dall'attuale governo rappresenta un passaggio fondamentale per rilanciare la voglia di produrre in un Paese soffocato per troppo tempo dalle tasse e dalla burocrazia. Tuttavia molto resta ancora da fare, soprattutto sul tema infinito delle temutissime cartelle pazze, la quali rappresentano il simbolo odioso di un sistema fiscale dai risvolti persecutori. L'estate, come da tradizione, è il periodo più propizio per ricevere queste sgradite notifiche esattoriali. E infatti, come regolarmente mi accade almeno un paio di vole all'anno dal 2010, quando decisi di cessare la mia attività commerciale, anche in questi giorni di caldo torrido mi è giunta rapida e invisibile, al pari dei famosi sommergibili di Mussolini, la mia brava ingiunzione di pagamento, con tanto di minaccia di pignoramento come da prassi. Si tratta di un residuo di un diritto camerale risalente a 17 anni addietro, di cui non ricordo assolutamente nulla, e che mi sarebbe stato notificato il 28 maggio del 2011. L'importo iniziale è di euro 12,68, lievitato con le more e le spese a 45,05 euro.

Ora, sebbene nella fattispecie si siano ampiamente superati i termini di prescrizione, che in Italia nel peggiore dei casi non possono superare i 10 anni per i debiti fiscali e tributari, come nel caso dei contributi dovuti alle Camere di commercio, è la seconda volta in pochi mesi che ricevo una analoga e perentoria richiesta di pagamento. Tra l'altro, per chi non lo sapesse, questo tributo non rientra nel famoso e meritorio stralcio delle cartelle sotto i mille euro predisposto sempre dall'attuale governo. In realtà, avendo contattato a suo tempo alcuni operatori dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, mi fu spiegato che il Covid avrebbe fatto dilatare, a questo punto in maniera spropositata, i normali tempi di prescrizione, peraltro già assai lunghi.

Quindi, almeno in questo caso, fine pena mai? Dobbiamo continuare a convivere con le residue propaggini di un fisco persecutorio che ci segue «amorevolmente» dalla culla alla tomba?

È accettabile tutto questo in un Paese che si considera avanzato? A chi oggi con pieno merito occupa la stanza dei bottoni l'ardua sentenza.

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