Milano Tanto dolore, una ferita profonda che forse non si rimarginerà più e una straziante verità. Sono quelle che si celano dietro le bugie - e ora sotto un silenzio decisamente troppo spinto - della liceale 15enne che ha inventato di essere stata picchiata e palpeggiata da due ragazzi nordafricani nel pomeriggio di giovedì 9 febbraio sul treno Milano-Mortara-Alessandria.
Gli investigatori della squadra mobile, veri professionisti, se ne erano accorti immediatamente che «non tutto era quel che poteva sembrare». Purtroppo sono molti, tra giovani e giovanissimi, che inventano di sana pianta una storia truce che li riguarda solo perché, magari, non sentono accettati o non godono di sufficiente attenzione all'interno della sfera familiare.
Nel nostro caso, però, ci sono elementi oggettivi per insistere nel ricercare la verità. La nostra liceale ha una costola fratturata e tanti lividi. Della cui esistenza ha parlato solo una volta tornata a scuola, luogo dove probabilmente si sente sicura. Se la ragazzina non è ancora crollata davanti alla polizia e dinnanzi alla vergogna che deve aver provato man mano che la sua personalissima ricostruzione dei fatti si sfaldava pubblicamente, pezzo per pezzo, potrebbe voler dire che c'è qualcuno che desidera assolutamente proteggere, una o più persone a cui è molto legata. Perché altrimenti non liberarsi di una verità così destabilizzante, che la tiene prigioniera al punto di schiacciarne la volontà e la pone al centro della troppa attenzione che ora vorrebbe non aver mai solleticato.
Gli investigatori indagano veramente a 360 gradi. E non escludono nulla Si tratta della sezione violenze sessuali e su minori della squadra mobile di Milano, diretta da Lorenzo Bucossi. Non si può dar nulla per scontato. Per questo sotto la lente d'ingrandimento ci sono ora anche i legami familiari della ragazzina e quello delle sue frequentazioni a lei più care.
La polizia e i giudici della Procura dei minori sono convinti che questa giovane studentessa liceale abbia qualcosa da raccontare, che non sia insomma una persona psicologicamente disturbata e tanto meno che possa essersi procurata da sola la frattura di una scapola.
«A questo punto, se ci trovassimo davanti a un soggetto squilibrato, la quindicenne avrebbe già parlato - spiega uno psichiatra -.
Il fatto che impressiona maggiormente è che la studentessa abbia ceduto e si sia confidata, seppur con una bugia, non a genitori e parenti, ma a scuola, tra gli amici: se protegge qualcuno deve trattarsi di una o più persone che ha molto a cuore e che al tempo stesso, teme moltissimo».
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