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Un fiume di fango travolge Ischia. Una donna morta, 11 dispersi e 13 feriti. In 130 senza casa

Una notte di pioggia record: 126 millimetri in sei ore. Il monte Epomeo viene giù come 13 anni fa e porta con sé automobili, alberi, detriti. Abitazioni isolate, i sindaci: "Non uscite". Salvini annuncia: "Otto vittime", poi smentito.

Un fiume di fango travolge Ischia. Una donna morta, 11 dispersi e 13 feriti. In 130 senza casa

La banalità del Male è che si presenta sempre negli stessi modi e negli stessi posti, approfittando del fatto che l'uomo dimentica e trascura. Era novembre nel 2009 quando la montagna sopra Casamicciola Terme, nel Nord dell'isola d'Ischia, franò portandosi via ogni cosa trovasse sulla sua strada. Morì una ragazza, di quattordici anni. Ed è novembre ora, e contiamo i danni e le vittime della montagna venuta giù di nuovo. E il bilancio potrebbe essere assai più grave di tredici anni fa. Mentre scriviamo a referto è finita una sola vittima, una donna dell'Est Europa sposata a un ischitano. Ma ci sono undici dispersi, caselle vuote di una contabilità che riga dopo riga, minuto dopo minuto, rischia di appesantirsi. E tredici feriti, uno dei quali, un sessantenne, è grave.

Il mare è marrone e gonfio di dolore al porto di Casamicciola. In poche ore la montagna ha rovesciato in acqua tonnellate di fango, alberi e detriti. Sul lungomare sono accatastate molte vetture e anche due pullman turistici che sembrano giocattoli di un bambino arrabbiato. Tutto inizia a mezzanotte, quando sull'isola prende a scendere una pioggia cattiva, da fine del mondo. Centoventisei millimetri in sei ore, un dato record secondo il Cnr. Alle 5 un boato sveglia chi dorme e fa tremare chi è sveglio a guardare il cielo. Sono le pendici del monte Epomeo che cedono nella parte che sovrasta la parte alta di via Celario e che portano giù auto in sosta e in transito fino al lungomare in piazza Anna De Felice, dedicata, per sarcasmo della sorte, alla vittima dell'alluvione di tredici anni fa. L'impetuoso fiume di fango scende rapido verso piazza Maio e poi lungo via Pio Monte della Misericordia, un nome che sembra una preghiera inascoltata. Si porta via anche pezzi di case, come quella di una famiglia, madre, padre, il figlio neonato. Poi con le ore il numero dei dispersi sale, fino ad arrivare a undici. Don Gino Ballirano, il parroco di Santa Maria Maddalena, batte il paese metro per metro, casa per casa, e fa la conta di chi c'è e chi non c'è. Alcuni li incontra, altri rispondono alle sue chiamate, molti no, ma «il telefono non funziona bene», dice lasciando al fato una speranza per insufficienza di prove. Poi, in tarda mattinata, in piazza Maio, viene recuperato un corpo, è la prima vittima: si tratta di una donna originaria dell'est Europa e sposata a un uomo residente sull'isola, il nome non viene reso noto. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini si lascia scappare che ci sono «otto morti» e viene rimbrottato dal capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio («ci sono i numeri della Prefettura per evitare confusione»), ma la verità è che tutti temono che abbia ragione il ministro.

I sindaci dei sei comuni dell'isola emanano un'ordinanza congiunta per invitare i cittadini a non lasciare le loro abitazioni, per non correre pericoli inutili e per non intralciare i soccorsi. Soccorsi che se la devono già vedere con il maltempo, con le strade ostruite dalle automobili, con il mare forza nove che rende quasi impossibile l'arrivo delle navi che trasportano i mezzi pesanti per gli interventi. La macchina fatica a mettersi in moto ma alla fine parte. Nel pomeriggio sono duecento le persone impegnate a cercare i dispersi, a pulire le strade, ad assistere i sopravvissuti e le decine di sfollati, 130 persone che potrebbero aumentare se risponderanno all'appello del prefetto Claudio Palomba che li invita a lasciare le loro abitazioni e che finiscono alcuni nel palazzetto dello sport e altri ospiti delle stanze messe a disposizione dagli albergatori dell'isola. Ci sono mezzi dell'esercito, elicotteri, bob cat, cani dell'unità cinofila, droni. E tanti uomini che non dormono e non si riposano, angeli sporchi di fango.

Ischia è in lacrime, sospesa tra paura e la speranza che si ripeta il prodigio del terremoto del 2017, quando tre bambini furono ritrovati vivi dopo molte ore trascorse sotto le macerie. In serata una famiglia è ritrovata viva e spunta un sorriso stiracchiato. Sperare e scavare. Scavare e sperare.

Ischia è stanca di pagare il conto a una natura matrigna e a un territorio estenuato dall'incuria, dalla sovrappopolazione, dall'edificazione selvaggia, da interventi promessi e mai portati a termine. Il sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino, parla di «tragedia». Il sindaco dell'area metropolitana di Napoli, che comprende anche le isole dell'arcipelago campano, Gaetano Manfredi, ricostruisce una giornata angosciante: «Abbiamo fatto un grande sforzo in mattinata per imbarcare le persone di soccorso su navi straordinarie partite da Napoli e Pozzuoli, anche per portare mezzi pesanti sull'isola. C'era un mare forza nove, è stata una situazione drammatica senza la presenza dei tanti vigili del fuoco e uomini della Protezione Civile necessari, che non riuscivano a raggiungere l'isola». Interviene anche il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, per invocare «lo stato di emergenza per l'isola di Ischia e i territori colpiti da questi eventi atmosferici disastrosi».

Oggi è domenica, non è un giorno di festa a Ischia.

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