
Milano - Tutto annullato. Nella storia lunga e a volte gloriosa della Procura di Milano si fatica a trovare memoria di una debâcle come quella che si compie ieri mattina, quando il tribunale del Riesame deposita l'ordinanza con cui libera il costruttore Manfredi Catella, ai domiciliari dal 31 luglio per corruzione e falso. Uno dopo l'altro, nei giorni scorsi, erano stati liberati gli altri cinque indagati che i pubblici ministeri avevano chiesto e ottenuto di arrestare indicandoli come gli attori principali della Cupola che secondo la Procura governava l'urbanistica milanese al posto della giunta comunale. Ieri tocca a Catella tornare libero, e per i pm è una botta particolarmente forte, perché per le tesi dell'accusa l'amministratore delegato di Coima - l'azienda leader nella riconversione edilizia della città - era il dominus della Cupola. Per convincere i giudici a tenerlo dentro, i pm avevano depositato centinaia di nuove chat estratte dai telefoni degli indagati. Non è bastato a convincere i giudici. Prima di pranzo, Catella è già nei suoi uffici. Riprende quasi tutte le deleghe operative (restano fuori solo quelle per la Pubblica amministrazione) che aveva congelato dopo l'interrogatorio preventivo del 23 luglio e rilascia una dichiarazione che è di fatto un contrattacco frontale alla linea seguita dalla Procura, una rivendicazione orgogliosa non solo del ruolo svolto da Coima ma anche dell'integrità morale degli uomini di punta del Comune, intercettati con Catella e incriminati insieme a lui, quelli che secondo i pm trattava "come suoi dipendenti maldestri e poco efficienti": l'ex assessore all'Urbanistica Giancarlo Tancredi, il direttore generale Christian Malangone, "in relazione a tutte le circostanze in cui abbiamo interagito con l'amministrazione comunale, esprimo la stima per la deontologia professionale di Christian Malangone e Giancarlo Tancredi, e dei colleghi che hanno sempre operato nel rispetto della funzione pubblica". Catella annuncia che nei venti giorni passati agli arresti domiciliari ha iniziato a scrivere un libro "come contributo di riflessione e di prospettiva concreta partendo proprio dall'indagine urbanistica in corso": e cita come fonte di ispirazione l'intervista dell'arcivescovo Mario Delpini, quella in cui il capo della Chiesa milanese manifestava la sua diffidenza verso i magistrati "che cercano la ribalta della notorietà e l'effetto politico degli indizi". Dell'arresto Catella scrive che è stata "una esperienza importante che ci ha confortato nella nostra solidità morale e nell'impegno imprenditoriale che da sempre dedichiamo al nostro paese, affermando la competenza e la reputazione italiana a livello internazionale".
L'arresto era scattato per l'accusa di avere messo a libro paga un membro della commissione Paesaggio, Alessandro Scandurra (già scarcerato pure lui) ma nelle carte i pm attribuivano a Catella colpe ben più vaste. Il tribunale ha preso 45 giorni di tempo per depositare le motivazioni della sua decisione, e sarà una lettura importante. Perché mentre Catella si dice "fiducioso che la motivazione della decisione possa contribuire a fare chiarezza sulla vicenda e sulla correttezza del nostro operato" la Procura spera invece che i giudici si limitino a scrivere che l'arresto è stato annullato solo perché non c'era pericolo di fuga o di altri reati, e confermino invece l'esistenza dei gravi indizi a suo carico. Difficile fare previsioni sul contenuto, anche se un dato è certo: se il tribunale avesse ritenuto che c'erano davvero prove di colpevolezza, avrebbe potuto liberare Catella senza consentirgli di tornare alla guida dell'azienda.
Invece da ieri il manager è di nuovo nella pienezza dei suoi poteri. E questo è, comunque la si guardi, una sconfitta per i pm che lo indicavano come il protagonista di un sistema di "accordi sottobanco, lesivi del mercato e della concorrenza, con danni incalcolabili per la comunità".