Due spettri si aggirano nel quadro macroeconomico italiano: la disoccupazione e lo spread. L'Istat ha reso noto che a settembre il tasso di persone in cerca di lavoro è salito nuovamente sopra la soglia psicologica del 10% al 10,1 (in aumento anche quella giovanile al 36,1%). Il governatore della Banca d'Italia Vincenzo Visco, invece, ha ricordato che il rialzo dei rendimenti dei Btp «deprime il valore dei risparmi delle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica». I fatti si incaricano di smentire, pertanto, le aspettative ottimistiche del governo giallo-verde.
Ma andiamo con ordine. Le statistiche Istat, sostanzialmente, smascherano il bluff del decreto Dignità, ma in termini differenti rispetti a quelli del dibattito politico. In primo luogo, a settembre è proseguito il calo degli occupati a tempo indeterminato (-77mila unità) a fronte di un modesto incremento di quelli a tempo determinato (+27mila unità, +98mila nel trimestre a settembre). A pesare nel trimestre luglio-settembre è stato il boom degli inattivi (+126mila) che dunque diluisce il tasso stesso di disoccupazione e disegna un panorama a tinte fosche perché caratterizzato da lavoratori sfiduciati.
Che cosa significano questi numeri? Semplicemente che, nonostante la corsa alle proroghe (da oggi scattano i limiti draconiani del decreto Dignità ai rinnovi e alla durata), queste non hanno controbilanciato l'espulsione di forza lavoro a tempo indeterminato causa rallentamento del ciclo economico come testimoniato dal Pil fermo nel terzo trimestre. È probabile che il rush sia proseguito pure a ottobre, mentre da questo mese si testeranno gli effetti delle «invenzioni» del ministro Di Maio e non è detto che siano positive. Non è invece possibile stabilire se l'annunciato arrivo del reddito di cittadinanza abbia causato l'incremento degli inattivi ansiosi di ricevere il sussidio.
Gli ammonimenti del governatore Visco sono così risuonati più allarmanti visto che nelle sue parole è implicita la bocciatura della manovra. «Il debito pubblico è sostenibile ma deve essere chiara la determinazione a mantenerlo tale, ponendo il rapporto tra debito e prodotto su un sentiero credibile di riduzione duratura», ha detto sottolineando che «va evitato che si deteriorino, a causa di più alti tassi d'interesse sul debito pubblico, le condizioni di finanziamento dell'economia». Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, non ha potuto che replicare sommessamente che «il costo del non deficit sarebbe più alto di quello del deficit e che la manovra è sostenibile».
Insomma, un richiamo a smetterla di giocare con il deficit e a fare le persone serie. Parole che hanno annichilito il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, seduto in platea alla Giornata del Risparmio. «Percorrere la strada delle riforme strutturali è impegnativo ma è indispensabile», ha ribadito il governatore ricordando che «le tensioni finanziarie sul debito pubblico finirebbero per danneggiare la solidità patrimoniale delle banche con gravi conseguenze per l'economia» e che «le risorse vanno concentrate su misure orientate a sostenere l'attività economica». Reddito di cittadinanza? «In questo contesto vanno premiati interventi che incentivino gli investimenti in infrastrutture».
Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli.
«Combattiamo ogni ipotesi di aumento delle imposte sulle banche», ha affermato evidenziando l'importanza degli istituti per la sottoscrizione dei titoli del debito pubblico. Critico anche l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. «Bisogna evitare di fare delle comunicazioni che creano solo ansia», ha chiosato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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