
Casus belli e goccia che fa traboccare il vaso, le Marche fanno vacillare lo schema del campo largo. E prendono forza, sia nel Pd sia nel M5s, tutti quelli che sono freddi nei confronti della prospettiva di un'alleanza organica tra i due partiti. I riformisti dem, alla ricerca di un leader dopo la rottura con Stefano Bonaccini, provano a tirare per la giacca Paolo Gentiloni. Mentre, tra i Cinque Stelle, aumenta il pressing di chi consiglia a Giuseppe Conte di staccarsi da Elly Schlein e cresce la tentazione della corsa solitaria alle prossime politiche. Fronte Nazareno, a suonare la campanella come spesso capita da quelle parti è la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno. "Serve una proposta di governo leggibile nel Paese non può fondarsi solo su aritmetica e pallottoliere", è l'analisi, espressa in un'intervista al Corriere della Sera.
Parole che, curiosamente, sembrano simili a quella che è la linea portata avanti da Conte negli ultimi mesi e non solo. In questo strano e involontario allineamento tra diversi, anche l'ex premier ha sempre detto che un'alleanza non si può basare soltanto sull'aritmetica. E, nella nota diffusa dopo la sconfitta netta di Matteo Ricci, Conte ha usato toni piuttosto felpati, facendo gli auguri di buon lavoro ad Acquaroli, rinunciando ai toni bellicosi contro la maggioranza e sottolineando che il percorso affrontato in campagna elettorale dal M5s, al fianco di Ricci, è stato "faticoso". Così come complicato è stato il via libera dei pentastellati all'appoggio ai dem nelle Marche, arrivato in extremis e con una serie di condizioni poste e accettate dal Nazareno. Insomma, dopo il voto cresce il fronte dei potenziali "sabotatori" dello schema "testardamente unitario" su cui si ostina Schlein.
L'orizzonte, dunque, dalle parti del Pd è quello del "confronto interno" auspicato dalla minoranza del partito. Tema su cui il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia glissa: "Quando c'è qualcuno che pensa che la linea non sia appropriata ha gli strumenti per esprimerlo". Contestualmente, nonostante il centrosinistra abbia fatto di tutto per "nazionalizzare" la campagna elettorale marchigiana, Boccia smorza dopo la sconfitta la portata nazionale del risultato: "Ribadisco: nessuno sottovaluta il risultato ma il voto di ieri riguarda i marchigiani e le Marche". Eppure sia Schlein sia Ricci avevano caricato di aspettative la sfida. Inevitabile, dunque, il redde rationem nel Pd. Il punto è la riflessione nel fronte riformista è la mancanza di un volto adeguato a incarnare l'alternativa interna a Schlein. E se con Bonaccini ormai è rottura, sta tornando di nuovo l'ipotesi di una discesa in campo di Gentiloni, considerato l'unico uomo spendibile, al momento, tra i liberal dem, anche se lui non sarebbe deciso ancora a entrare nell'agone. "Bisogna ripensare l'alleanza con il M5s e il Pd deve tornare a essere il perno della coalizione", è la linea che sarà portata dai riformisti in direzione.
E se molti dem sono stufi dell'alleanza con i Cinque Stelle, il sentimento è ricambiato anche in alcuni settori pentastellati, seppure con meno foga. Qui il timore, tra i parlamentari, è quello di andare sotto la doppia cifra alle prossime politiche, in accoppiata con il Pd. "L'alleanza con il Pd non è apprezzata dai nostri elettori e alle politiche potrebbe farci andare sotto il 10%", è il refrain in alcuni capannelli post-grillini a Montecitorio.
Da qui le tentazioni di una corsa solitaria, anche se Conte è ancora convinto di potersela giocare in ipotetiche primarie di coalizione con Schlein e, magari, la più moderata Silvia Salis come avversarie. E, dopo il brutto rovescio di Ricci, al Pd arriva anche il consiglio di Matteo Renzi: "Avrei insistito più sul costo della vita, sulla sanità e sull'economia e un po' meno sulla Palestina".