Trump oppone una resistenza più forte del previsto, soprattutto nella contesa e importante Florida che con oltre il 90 per cento dei voti scrutinati sembrava poter inclinare verso il candidato repubblicano. Nel complesso, però, la macchina da guerra di Hillary Clinton pare in grado di portare a casa il risultato. È questa la sensazione quando i voti di circa la metà degli Stati Uniti sono stati scrutinati. È stata una notte di lunga attesa, cominciata l'arrivo dei i primi dati giunti dagli Stati del versante atlantico - quello a noi geograficamente più prossimo e quindi anche temporalmente.
Indiana e Kentucky, i più rapidi a chiudere le urne, sono stati come largamente previsto attribuiti in breve tempo a Donald Trump, che ha così subito capitalizzato 19 grandi elettori. Previsioni rispettate anche nel piccolo Vermont, tradizionalmente democratico, che ha concesso alla Clinton i suoi 3 voti. Ma i numeri forniti dalle proiezioni nel New Hampshire hanno cominciato a scuotere delle certezze: in questo piccolo Stato del New England, da decenni tassello del «muro di sicurezza» democratico in ogni elezione presidenziale, Trump veniva dato inizialmente in testa. Dati che in seguito sarebbero stati riequilibrati, ma che rappresentano un campanello d'allarme per la Clinton.
Dopo l'una ora italiana, nuove cifre provenienti da altri Stati aggiungevano elementi al thrilling. Ben cinque Stati su nove risultavano troppo in equilibrio per poter essere ragionevolmente assegnati a uno dei candidati. Alcuni di questi erano Stati decisivi: l'Ohio e la North Carolina sicuramente, ma soprattutto la fondamentale Florida, dove il conteggio dei voti - giunto a quel punto a circa un terzo del totale - vedeva i due rivali impegnati in un classico testa a testa. Insomma, lo Stato più conteso confermava la sua tradizione di autentico campo di battaglia elettorale.
Georgia e Virginia mostravano anch'esse un discreto equilibrio, con la prima a deludere le attese di Trump e la seconda a preoccupare almeno un po' l'ex Segretario Stato. Due esempi di come sondaggi e previsioni, anche quelli condotti dai più accreditati professionisti delle statistiche, avessero mancato di cogliere le reali tendenze dell'elettorato.
Con lo scorrere dei minuti l'accumularsi dei dati forniva al campo di Trump dei buoni motivi per sorridere: in Florida - che attribuisce la bellezza di 29 grandi elettori - con circa 5 milioni (pari al 55%) dei voti scrutinati il repubblicano conquistava un vantaggio di circa centomila e anche in Ohio la forbice sembrava aprirsi leggermente a suo favore.
Ma Trump non faceva in tempo a gioire per i numeri incoraggianti in arrivo dal Sunshine State che nuove cifre sembravano capovolgere lo scenario: con il 72% la Clinton lo superava ora di 200mila voti. Impossibile non ricordare che perdendo la Florida le speranze di Trump di entrare da vincitore alla Casa Bianca si ridurrebbero quasi a zero. Intanto si avvicinavano le due italiane (le otto di sera sulla East Coast americana) e con esse una nuova infornata di dati provenienti da sedici Stati. Qui non c'è stata alcuna sorpresa: le previsioni sono state rispettate confortando Hillary Clinton nell'Illinois, nel New Jersey, nel Massachusetts, nel Delaware e nel Distretto di Columbia - ovvero il territorio federale della capitale Washington. Donald Trump poteva rifarsi in Mississippi, Alabama, West Virginia, South Carolina, Tennessee e Missouri: tutto come previsto, appunto. Così come l'estremo equilibrio registrato in Pennsylvania, che «pesa» ben 20 grandi elettori.
Era però sempre il destino della Florida a catalizzare l'attenzione.
Superata ormai la soglia dell'80 per cento dei voti scrutinati, il vantaggio della candidata democratica si assottigliava fino ad annullarsi: lo spettro del riconteggio, già manifestatosi nel 2000, diventava sempre più reale, e con esso l'impossibilità di sbilanciarsi su chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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