Politica

Folle giustizia a doppia velocità

È da troppi anni che parliamo di riforme che nessuno ancora ha visto.

Folle giustizia a doppia velocità

La stessa età, o quasi, ma due destini opposti. Lui, trentaseienne immigrato dal Gambia, ha rubato un paio di auricolari in un centro commerciale, è stato ammanettato e chiuso in cella, non ha retto alla vergogna e ai fantasmi che lo tormentavano, si è impiccato. Lei, 37 anni, prendeva il reddito di cittadinanza, ma intanto aveva vinto on line cifre ingenti: 300mila euro. Una truffa o, come dice il codice, un’omessa comunicazione della variazione di reddito? No, per il tribunale di Avellino che l’ha assolta. L’uomo è un mistero insondabile, ma la giustizia dovrebbe aiutare a comprenderlo. Invece il nostro sistema giudiziario è un enigma insolubile. Si dirà che è troppo facile mettere insieme storie che non c’entrano niente l’una con l’altra, ma qualcosa stride. Anzi, l’indignazione sale. La mano pesante con chi aveva commesso una sciocchezza e, senza dare colpe al giudice, non si capisce perché dopo l’udienza di convalida abbia preso altro tempo senza decidere cosa fare; la mano leggera con chi ha preso per i fondelli un Paese intero, ennesima spia rossa per un meccanismo di solidarietà sociale che non funziona. Ma quella è un’altra storia, con tutto il rispetto lascia sconcertati una sentenza che separa con un muro invalicabile il reddito di cittadinanza e i redditi usciti dalla fornace delle scommesse, sempre che l’azzardo non sia, come già abbiamo visto tante volte, un paravento per attività illecite. Come si fa a sostenere che la mano destra non sa quel che ha fatto la sinistra? Sei diventato più ricco della Befana, ma il sussidio non te lo toglie nessuno. Ci sentiamo tutti presi per il naso e ci accorgiamo che i tribunali non producono un corpo di verdetti omogeneo e armonico, ma inafferrabile e - qualche volta - ingiusto. Agli imputati pare di partecipare ad una lotteria: possono pescare l’assoluzione o la condanna, quel che sfugge spesso è il criterio, anche se i magistrati si affannano a scrivere pagine e pagine di dotte motivazioni. Il messaggio che passa in questa storia è avvilente: sei libero di truccare o, se si preferisce, di non aggiornare le carte della tua presunta indigenza, anche se bari lo Stato chiuderà un occhio e pure l’altro. Lo stesso Stato che si è mostrato inflessibile con l’autore di un piccolo furto che forse potremmo pure derubricare. È da troppi anni che parliamo di riforme che nessuno ancora ha visto. È arrivato il momento: il ministro Nordio, che si dice nutra forti dubbi sulla riforma Cartabia tanto da volerla bloccare, metta mano a quel che non va, comprese le leggi scritte in modo contorto e arzigogolato. Perché le toghe spesso riempiono gli spazi vuoti della politica.

E poi, ci si ricordi delle carceri, della loro trasandatezza e inadeguatezza, non solo in seguito all’ennesimo suicidio. Le lacrime del giorno dopo sono solo un esercizio di ipocrisia

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