Da Fontana agli imprenditori i pm di Milano alzano il tiro

L'inchiesta sulle tangenti si allarga ad altri appalti. Timori nelle imprese che lavorano con gli enti pubblici

Da Fontana agli imprenditori i pm di Milano alzano il tiro

Giuseppe Filoni, il manager pubblico che per primo ha scelto di collaborare con la Procura di Milano nell'inchiesta «Mensa dei poveri», facendosi interrogare precipitosamente giovedì scorso dopo avere appreso di essere sotto inchiesta, è destinato a essere solo il primo della lista. Ieri altri due imprenditori hanno seguito il suo esempio. Il clima quasi da panico che le notizie filtrate dagli ambienti giudiziari hanno creato nel milieu lombardo di chi fa affari con lo Stato rischia di innescare un'ondata di confessioni preventive che la Procura teme persino di non essere in grado di raccogliere, «se vengono tutti qua in massa dovremo rimandarli indietro».

Che la marea stia montando, d'altronde, lo fanno capire le stesse fonti giudiziarie. Ieri, mentre un altro gruppo di indagati affrontava il primo interrogatorio davanti al giudice preliminare Raffaella Mascarino, si apprendeva che altre decine di nomi di imprenditori sono già stati iscritti nei registri degli indagati. Non si tratta di quelli coinvolti negli appalti già al centro della retata di martedì e scampati alla richiesta di arresto. No, nel mirino c'è un'altra ampia serie di gare, truccate a tavolino con gli stessi sistemi di spartizione preventiva tra i cartelli delle imprese e grazie alla inerzia (o peggio) degli enti pubblici che le avevano bandite. Gli appalti sotto tiro riguarderebbero soprattutto Milano e il suo hinterland, che da questa indagine appaiono sorprendentemente vulnerabili da questa forma di criminalità economica. Gli sviluppi dell'inchiesta dunque potrebbero lasciare progressivamente gli scenari della provincia profonda - Novara, Varese - per concentrarsi sul capoluogo lombardo. Aumenta il valore degli appalti, sale il livello delle aziende coinvolte.

Nell'attesa, la Procura punta a chiudere in fretta i tronconi già emersi. Ieri, interrogatori a raffica e in contemporanea: al settimo piano gli arrestati, al quinto i nuovi testimoni. Se gli arrestati finiti in carcere avevano scelto in blocco la strada del silenzio, per poter approfondire il materiale d'accusa (si parla di dodici faldoni e di migliaia di pagine, finora note solo in piccola parte) alcuni di quelli ai domiciliari hanno scelto di rispondere. Nessuna confessione, diverse rivendicazioni di innocenza: tra queste quella di Fabio Altitonante, consigliere regionale di Forza Italia, che ha negato sia di avere ricevuto finanziamenti elettorali in nero sia di avere preso soldi dal manager Luigi Patimo per oliare una licenza edilizia. L'unico intervento che Altitonante ammette consiste nell'avere indirizzato Patimo al capo dell'ufficio comunale competente, senza alcuna contropartita. E anche Patimo, interrogato subito dopo, ha confermato la versione.

Ma la Procura appare sicura del fatto suo, e si prepara a chiedere per gli arrestati il processo immediato. E punta a chiudere in fretta anche il capitolo che vede indagato per abuso d'ufficio Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia.

Lunedì pomeriggio verrà interrogato, poi si potrebbe andare verso la richiesta di rinvio a giudizio. A meno, certo, che Fontana non convinca i pm della sua innocenza. Ma la sua firma, dicono in Procura, sui verbali di nomina del suo amico c'è.

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