RomaAltro che tesoretto! Sulle casse dello Stato sta per abbattersi un cataclisma del valore stimato tra i 5 e i 10 miliardi di euro. La Corte costituzionale ha, infatti, bocciato la norma della legge Fornero di riforma delle pensioni che congela la rivalutazione dei trattamenti di importo superiore a tre volte l'assegno minimo Inps, cioè a 1.217 euro netti. L'Avvocatura dello Stato, durante la fase dibattimentale, aveva sottolineato che l'impatto sui conti pubblici, in caso di soccombenza, sarebbe stato di 1,8 miliardi per il 2012 e di 3 miliardi circa per il 2013. Una stima più recente elaborata dalla Spi-Cgil aveva quantificato in 9,7 miliardi gli incrementi non corrisposti ai 5,5 milioni di pensionati interessati con una perdita di reddito media pro capite pari a 1.779 euro.
La Consulta, nella sentenza 70 della quale è stata relatrice il giudice Silvana Sciarra, ha però stabilito che «l'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata». Di qui la bocciatura in quanto la previsione contenuta nel decreto Salva-Italia del 2011 lede i «diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali» (gli articoli 36 e 38 della Carta). «Non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati», minimizzano in serata fonti di Palazzo Chigi ispirate dal premier Matteo Renzi, precisando che «si studierà la sentenza e si troverà la soluzione». Non manca la solita chiosa ottimistica: «Siamo al governo proprio per risolvere le questioni complesse», conclude il dispaccio. Il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, ha dichiarato che «se si dichiara illegittima la mancata corresponsione dell'adeguamento, i pensionati ora hanno diritto ad averlo». La sentenza «avrà conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico» poiché lo si carica di «un onere significativo», ha aggiunto lamentandosi del fatto che l'Alta corte non abbia tenuto in conto «l'articolo 81 della Costituzione», cioè quello che impone il pareggio di bilancio. Un simile pronunciamento, però, non era inaspettato poiché in passato la Consulta ha stoppato il taglio delle «pensioni d'oro» imposto dalla medesima riforma Fornero sotto forma di «contributo di solidarietà» in quanto gravante su una limitata platea di soggetti passivi e dunque iniquo. L'ex ministro del Lavoro del governo Monti, Elsa Fornero, s'è subito difesa asserendo che «non fu una scelta mia, ma del governo nel suo insieme poiché si conseguivano risparmi nell'immediato». In buona sostanza, fu colpa di Mister Loden.
Ieri la maggioranza trasversale, favorevole a una rivisitazione generalizzata della materia pensionistica, ha esultato. Per Cesare Damiano (Pd) ora «bisogna riaprire il capitolo pensioni», per Renata Polverini (Fi) «si ridà dignità ai lavoratori», mentre per il segretario della Lega, Matteo Salvini si è trattato di «uno sberlone al Pd». Ovvia la soddisfazione di Cgil, Cisl e Uil che da tempo premevano su questo capitolo. La fotografia dell'Inps, scattata a inizio 2015, racconta una storia diversa: i trattamenti sono circa 18 milioni e di questi 3,8 milioni hanno natura assistenziale, cioè non sono sorretti da adeguati versamenti contributivi.
Il 64,3% degli assegni ha infatti importo inferiore a 750 euro. La leva delle pensioni è stata utilizzata come ammortizzatore sociale: ora tocca al governo, già alle prese con 16 miliardi di clausole di salvaguardia nel 2016, far quadrare i conti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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