Congresso a ottobre. E primarie, o le strade si «separano». Giovanni Toti accelera, e torna a mettere in conto la possibilità di uno strappo. L'obiettivo dichiarato è l'elezione dei vertici del partito. Il tono è quello dell'urgenza. E non si può dire che questa impazienza non l'avessero preannunciata i «totiani» lombardi che ieri col governatore si sono riuniti all'hotel Villa Torretta fra Milano e Sesto San Giovanni. «Il futuro non aspetta» avevano scritto anche nella locandina dell'evento, «Il Futuro per Forza», promosso da cinque consiglieri regionali e chiuso dal presidente della Regione Liguria, che dieci giorni fa insieme alla vicepresidente della Camera Mara Carfagna ha ricevuto il compito di coordinatore il lavoro preparatorio del nuovo congresso, cui sono demandate le modifiche statutarie. Toti ha inteso il suo incarico come una sorta di mandato commissariale, suscitando la reazione dei coordinatori regionali, fra cui il lombardo Massimiliano Salini, che hanno fatto appello al presidente, Silvio Berlusconi. Il governatore ligure, a sua volta, ha interpretato le istanze locali come resistenze. «Non si può pensare di fare un passo avanti e tre indietro» ha sbottato.
Nell'ala del movimento considerata più vicina al presidente, è maturata l'idea che il futuro di Forza Italia debba essere immaginato un passo alla volta. Niente strappi, insomma, nessuna fretta, ma un rinnovamento coi tempi giusti. Mara Carfagna anche ieri ha ribadito che il suo personale obiettivo è fare di Fi «il punto di riferimento dei moderati», fino al punto di assumersi - ha detto - una «responsabilità diretta nel faticoso e complesso processo di ristrutturazione che si è aperto». «Magari - ha aggiunto - è proprio questo processo che disturba i troppi che hanno scommesso - e ancora scommettono - sull'estinzione del nostro partito per annettersene i consensi». E adesso sembra profilarsi un asse fra Carfagna e Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera, candidata per le primarie come Toti e Carfagna.
Il quadro è mutevole, le prospettive divergono. Chiaramente, il berlusconismo è patrimonio condiviso, come la sensazione che una politica liberale e popolare abbia grandi spazi oggi nell'Italia dei populisti. Su tempi e ricette c'è un confronto serrato, sui valori no. «I veri berlusconiani siamo noi» dicevano ieri al Villa Torretta. Due bandiere di Forza Italia campeggiavano sul palco dell'auditorium (pieno nei 300 posti a sedere, altri in piedi). Altre bandiere berlusconiane hanno sventolato in platea alla fine. «Forza Italia può avere un radioso futuro e noi lotteremo fino alla fine per questo» ha detto il leader lombardo di quest'area, Giulio Gallera, assessore regionale. In sala sei deputati. Sono state le prove generali dell'evento che Toti sta organizzando per il 6 luglio al teatro Brancaccio, a Roma (questo senza logo di Fi). Ed è partito l'ennesimo monito, o ultimatum. «Non voglio dettare le mie regole e i miei tempi, certo non abbiamo tempo da perdere» ha detto Toti. Dietro le quinte, si ragionava in questi termini: se non arrivano segnali chiari entro la settimana che manca all'evento di Roma, quella diventa la prima tappa per la nascita di qualcosa di nuovo. Cosa sia questo «qualcosa», è da vedere. La base del Villa Torretta non ha particolari «sbandate» per la Lega, tanto meno verso il Pd ovviamente.
L'orizzonte è il centrodestra e qualche osservatore vede la prospettiva di un polo nazionale da costruire federandosi con Fdi e poi alleandosi col Carroccio, ma le incognite non mancano e anche i rapporti fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni oggi non sono dei migliori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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