La fragilità dei plebisciti di giornata

La fragilità dei plebisciti di giornata

Quasi 25 anni fa, nel 1994, l'indimenticabile Giorgio Gaber era stato non facile profeta quando cantava «Destra e sinistra»: tutto, nel suo motivetto, diventava aleatorio e gli schieramenti politici rischiavano di non avere più un loro zoccolo duro. È un po' ciò che sta succedendo oggi con la Lega che, nei sondaggi, sta incredibilmente crescendo, giorno dopo giorno, e ora è volata sopra il 31% togliendo consensi anche ai Cinquestelle che sfiorano «quota 30». Un fenomeno molto strano che un mio amico sondaggista ha chiamato «l'infedeltà repentina» degli elettori, un fenomeno opposto alla «fedeltà di appartenenza» che contraddistingueva la Prima Repubblica e alla «fedeltà leggera» che ha, invece, caratterizzato la Seconda Repubblica. Oggi si vive davvero alla giornata: gli italiani seguono l'onda e basta un semplice j'accuse di Salvini per spostare migliaia di voti da una parte all'altra. Non era mai successo che, a neppure 100 giorni dalle elezioni, un partito, la Lega, riuscisse a raddoppiare i propri consensi. Una marea montante: qualcosa come 3 milioni e 600mila italiani hanno cambiato casacca, cioè un milione e 200mila al mese, 40mila al giorno, 1.800 elettori ogni ora. È vero, si era registrato un analogo fenomeno, sia pure inverso, nel Pd di Renzi che dal 2014 si è più che dimezzato ma l'arco di tempo, in quel caso, era stato molto più lungo: quattro anni.

Qualcuno potrebbe obiettare che anche nel passato si erano verificati fenomeni all'apparenza analoghi: è il caso di Silvio Berlusconi che nel '94 partì, politicamente parlando, dal nulla per far diventare il suo partito il primo in Italia. Ma, in quel caso, il Cavaliere era sceso in campo al momento giusto riuscendo, così, a colmare un vuoto politico. Molti ex Dc ed ex socialisti gli dettero, infatti, il voto piuttosto che entrare nell'orbita dei comunisti. Ora il discorso è diverso per il semplice motivo che non esistono più ideologie e non restano neppure identità valoriali: quello che oggi conta sono solo i risultati. Siamo, insomma, diventati molto più pragmatici anche a causa di una situazione economica che non ci dà tregua: votiamo, allora, un leader piuttosto che un altro solo in base a quello che ci fa ottenere. Ecco, così, che il «voto di scopo» diventa un'arma a doppio taglio: se, a fine mese, le promesse politiche resteranno tali e gli impegni presi non saranno mantenuti, l'esodo dei propri fan sarà altrettanto rapido e ne sa qualcosa il Matteo di Firenze.

A questo punto, la coalizione gialloverde deve stare molto attenta perché, in mancanza di risultati concreti, il calo dei consensi rischierà di essere altrettanto rapido.

Un tempo si diceva che non si vive di solo pane, ma oggi sembra vero il contrario: senza pagnotta, «l'infedeltà repentina» è assicurata. Rischiamo di diventare, tutti, un po' banderuole alla faccia di quella coerenza politica che fu, invece, la bandiera di tanti leader della Prima Repubblica, De Gasperi in primis.

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