Il francese muore in diretta e Facebook sospende i video

Il social network interrompe le trasmissioni di Cocq 57enne malato terminale che protesta contro la legge

Il francese muore in diretta e Facebook sospende i video

In diretta c'era la sua morte. Per delle idee, certo. Ma se la protesta di un malato terminale si trasforma in uno show, forse è giusto risparmiarcela. Senza alimentare un voyeurismo da tastiera che di nobile ha ben poco. L'intento di denunciare «l'agonia» imposta dalla legge francese sul fine vita si trasforma dunque in un caso di scuola: le ragioni dell'uomo contro quelle dell'algoritmo. Fino a che punto la libertà di espressione può essere mantenuta online? Un difficile equilibro, tra regole dei social e quelle dello Stato francese.

Alain Cocq, 57enne irreversibilmente malato, ieri ha cominciato a lasciarsi morire in streaming. Tutto come preannunciato, finché Facebook non ha bloccato il video. Lui, nella notte tra venerdì e sabato, s'era preparato un lancio quasi pubblicitario: «Cure interrotte». Cibo e idratazione anche: «Bevo alla vostra salute un'ultima volta». Poi l'avvio della morte in diretta davanti a migliaia di voyeur. Dopo il rifiuto di Emmanuel Macron di concedergli una fine per così dire dignitosa, fatta di barbiturici somministrati in ospedale fino alla sedazione profonda, Cocq si è autodiagnosticato 4 o 5 giorni di vita. Vuol morire, ma non di nascosto. Cercando fino all'ultimo di allargare le maglie francesi dell'eutanasia, oggi ristrette a casi irreversibili con pericolo di vita a breve termine.

L'Eliseo, telefonando all'attivista che vantava già 10mila iscritti e 5mila amici sul suo profilo, aveva bocciato la richiesta di una deroga ad personam che avrebbe aperto di fatto al suicidio assistito. Cocq è andato avanti a modo suo, sfidando le regole di moderazione del social network, pensate per proteggere gli utenti da immagini scabrose (no a contenuti che potrebbero incitare al suicidio). La rete è impazzita. E neppure Facebook vuol impedire del tutto che Cocq si esprima, lasciando il suo account attivo e bloccando solo i suoi video fino all'8 settembre, risparmiandoci la spettacolarizzazione della sua agonia. «So che i giorni a venire saranno difficili - dice Cocq nella diretta che inaugura la sua fase di suicida militante - Ma dovrebbe essere una cosa veloce. Voglio che sia così, non sono masochista». Poi il social di Menlo Park ha interrotto lo show. Finestra chiusa sulla morte in diretta. Lui chiama la mobilitazione: «È solo un'ingiusta discriminazione».

Spetta ai moderatori decidere. Facebook tende a lasciare online le dirette di suicidi volontari finché non è troppo tardi: una scelta che può salvare vite. «Ci è stato detto dagli esperti che non dovremmo rimuovere i video di autolesionismo dal vivo mentre i parenti della vittima e le autorità possono ancora intervenire». Cocq ha però deciso di riprendere la sua morte in diretta con intenti espliciti, sfidando il governo sul piano politico e Facebook su quello della libertà di espressione. Avrebbe potuto fermarsi. Invece ha promesso di trovare entro 24 ore un altro canale per trasmettere la sua agonia. E rilancia: «Ora è il vostro turno, fate sapere cosa ne pensate dei metodi per ostacolare la libertà di espressione», ha scritto ai suoi sostenitori dal suo letto d'ospedale, invitandoli a raggiungere la sede francese di Facebook. Ha fornito perfino un indirizzo. E se la politica si defila, Twitter impazzisce con tanto di hashtag: dal nome e cognome «dell'eroe» dal «coraggio incommensurabile» a #JeSoutiensAlainCocq, fino alla formula #JeSuisAlainCocq. Come per il caso Lambert (tetraplegico) o per quello di Chantal Sébire nel 2008, si divide nuovamente. Ma Cocq ha già ottenuto il risultato: innescare un dibattito.

Tra le reazioni illustri, quella di Emmanuel Hirsch, presidente del Consiglio per l'etica della ricerca e l'integrità scientifica, che parla di «atto politico scioccante», aprendo favorevolmente a una riforma della legge sull'eutanasia.

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