Politica estera

Francia, sabato di scontri. Ma Macron sulle pensioni vince il braccio di ferro

Caos nelle città ma mobilitazione in forte calo.Settimana prossima via libera alla riforma

Francia, sabato di scontri. Ma Macron sulle pensioni vince il braccio di ferro

Parigi. Una partita da dentro o fuori. Ecco cos'è stata la settima giornata di mobilitazione dei sindacati francesi. E dai numeri sembra averla vinta Emmanuel Macron. In serata la piazza ha alzato la voce bruciando cassonetti e ripetendo scene da guerriglia urbana. Ma i francesi, seppur contrari a portare il sistema pensionistico su standard europei (oltreché sostenibile per le casse dello Stato), non hanno «paralizzato» il Paese; lo hanno solo un po' rallentato. E ieri non hanno seguito in massa i leader dei lavoratori nella trincea parigina, banco di prova per la riforma.

Una serie di articoli di legge porteranno da 62 a 64 anni l'età (con 43 anni di contributi versati per ricevere un assegno pieno una volta maturati i requisiti per la pensione). E spazzeranno via, gradualmente, buona parte dei privilegi fuori dal tempo che certe categorie ancora vantano: una selva di regimi pensionistici speciali. Pochini i 300mila manifestanti dichiarati ieri a Parigi anche dal sindacato più barricadero, la Cgt: da qualche anno minoranza nelle fabbriche rispetto alla più riformista Cfdt, resta la miccia dei cortei. Solo 48mila anime nella capitale, invece, per il ministero dell'Interno. Scontri da Parigi a Nantes. Due arresti nella capitale; armi da taglio e bombe incendiarie sequestrate. Poco altro.

Non troppo alta neppure la partecipazione nel resto dell'Esagono, che invece negli appuntamenti precedenti - l'ultimo martedì - si era riversata in oltre 250 piazze d'Oltralpe per ribadire un secco no alla riforma inaugurando la fase finale del braccio di ferro partito a gennaio tra governo e sindacati. L'Interno parla di sole 368mila persone in tutta la Francia, il sindacato di «oltre un milione». Al numero 1 della Cgt, Philippe Martinez, non resta che chiedere a Macron un referendum: «Se è così sicuro di sé...». Ma ci aveva già provato il leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon a invocare invano una consultazione popolare. La linea dell'Eliseo il silenzio: lasciando la parola al dibattito parlamentare in corso - per un'altra settimana - nel quale si è però già capito che la riforma alla fine andrà in porto. Minimi ritocchi, limature, senza scomodare la blindata età a 64 anni.

Ma se finora i sindacati hanno avuto il merito di mostrarsi uniti, combattivi e certi di potersi sbarazzare della nuova legge, il quasi flop di ieri ridimensiona le aspettative. Essendo un sabato, si attendevano migliaia di persone in più, rispetto a martedì scorso, quando hanno scioperato quasi 1,3 milioni di persone. Così non è stato. Si chiude intanto oggi il lavoro al Senato, prima che la legge torni in Assemblée, dove una commissione mista di deputati e senatori darà la quadra finale. Sullo sfondo resta il jolly del governo: quell'articolo 49 comma 3 della Costituzione che dà la possibilità al governo di forzare le procedure parlamentari e far passare in blocco una legge. La sinistra accusa il governo di «devitalizzare il Parlamento». Ma con Le Pen da una parte e Mélenchon dall'altra, senza blocco comune in aula, Macron conta i giorni. Fino a stasera l'esame in Senato, dove il ministro del Lavoro Dussopt ha già sfoderato l'arma costituzionale, col consenso neogollista. Restano i disagi; gli scioperi per le energie rinnovabili, i treni e il settore aereo, le infrastrutture del gas e dell'energia. E soprattutto nella raccolta dei rifiuti. A Parigi il 30 per cento dei 5mila addetti alla nettezza urbana hanno incrociato le braccia per 4 giorni. In molti quartieri, anche centrali, è diventata Ville «Poubelle», città pattumiera.

Spazzatura a vista sui marciapiedi e, per i pedoni, slalom tra cassonetti e rifiuti trascinati dal vento.

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