Latina - «Se mio fratello è colpevole, l'uomo che gli ha sparato è più colpevole di lui». Ludovico Bardi è il fratello minore di Domenico, il 40enne ucciso dopo aver svaligiato un appartamento nella prima periferia di Latina. Faccia da bravo ragazzo, fa il cameriere non lontano dal rione Traiano, tumultuosa periferia di Napoli. È il quartiere da cui è partito Domenico, insieme a due complici, per la spedizione mirata a razziare l'appartamento alla periferia di Latina che probabilmente sapeva essere vuoto. Di certo non hanno colpito a casaccio, conoscevano le abitudini della casa. I ladri hanno anche spruzzato una schiuma per attutire la sirena dell'antifurto che avrebbe attirato troppa attenzione anche in quella assonnata stradina residenziale. Ma qualcosa non ha funzionato: non hanno calcolato bene i tempi e Francesco Palumbo, avvisato da tre messaggini automatici inviati dall'antifurto al suo cellulare, li ha sorpresi mentre fuggivano. Parrebbe un lavoro da professionisti, anche se il morto non aveva precedenti significativi.
Ludovico Bardi, nonostante tutto difende il suo «Mimmo» senza se e senza ma e, soprattutto, condanna chi gli ha sparato. Ai cronisti che gli chiedono che tipo fosse il fratello, risponde che «era una persona buonissima, generosa, uno che aiutava gli altri». Se gli fai notare che tuttavia stava commettendo un reato, che era entrato in casa d'altri per rubare, concede il minimo: «Mio fratello ha sbagliato, certo - dice al Giornale - Questo lo vedrebbe anche un cieco, però...». Però c'è una giustificazione ambientale: «Mimmo lavorava nell'edilizia, ma poi ha perso il posto». Stesse frasi che ripete l'anziano zio Raffaele che lo accompagna: «Aveva perso il posto, sono cose che succedono...». E a Napoli succedono di più: «A Napoli, lo sanno tutti, - specifica Ludovico- c'è una disoccupazione in aumento costante». E Domenico aveva trovato un'alternativa, ma un'alternativa illegale: «Mio fratello ha sbagliato, questo lo vedrebbe anche un cieco - insiste - Ma aveva famiglia, una moglie e un bimbo di nove anni. Se ha sbagliato è per questo». Ricorda anche le condizioni difficili in cui viveva, il Rione Traiano, «un quartiere difficile», ma dice di non sapere nulla sulle «cattive compagnie» che frequentava: «Non so chi siano le altre persone coinvolte in questa storia». Ha invece idee molto chiare su come si dovrebbe concludere questa vicenda: «Quell'uomo è colpevole, non c'è legittima difesa, mio fratello non era un violento, non c'era bisogno di sparare». La conclusione per lui è scontata: «Sì, spero che venga condannato».
Ma Bardi respinge il sospetto che ora la famiglia punti a un risarcimento economico: «I soldi sono l'ultima cosa a cui pensiamo in questo momento, glielo assicuro. Vogliamo solo giustizia». Per la famiglia Palumbo, di certo la giustizia ha un significato diverso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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