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Fronda dem in allarme dopo il flop Elly-Conte. "Così ci schiantiamo"

Choc Molise per Pd e M5s. Giani: "Campanello d'allarme". Per i grillini soglia del 10% a rischio

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Elly Schlein si dilegua: il giorno dopo la batosta del Molise e della «foto di Campobasso», la segretaria Pd vola a Bruxelles e non dedica neppure una parola a quella che nel suo partito quasi tutti ammettono come una sconfitta di proporzioni inaspettate.

Dal Nazareno si cerca di circoscriverla: «Sapevamo tutti che vincere in Molise era altamente improbabile», e comunque le liste del Pd sono in testa alla coalizione e sono «andate meglio che alle politiche». Non che fosse difficile: dal 9% si è passati al 12%, ma con molti meno votanti e a pari merito con Forza Italia. E allora perché, si chiedono smarriti anche tra i supporter della segretaria, andare a «mettere la faccia su un risultato negativo», e fare della regione una sorta di laboratorio del «campo largo» con M5s e propaggini rosso-verdi, con tanto di photo opportunity del «patto della limonata» con Conte e Fratoianni? «Ora evitiamo psicodrammi», è il messaggio lasciato da Elly prima di volare a Bruxelles per gli incontri di rito prima del vertice Ue. Ma in casa dem i malumori ribollono: «Nel 2024 si vota in 5 regioni, oltre che alle Europee», ricorda Salvatore Margiotta. «Invece di minimizzare la batosta in Molise, andrebbe fatta un'analisi seria».

«Forse sarebbe meglio ragionare di voti veri più che di sondaggi», è la perfida battuta dell'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Il riferimento alle parole di Schlein in direzione, quando - dopo la batosta subita ai ballottaggi - ha rivendicato di aver recuperato «20mila voti al giorno» nei sondaggi, è tutt'altro che casuale. Commenti duri arrivano anche dal presidente della regione Toscana Giani: «Per il Pd è un ulteriore, campanello d'allarme, diciamocelo. È una sconfitta chiara» che segna la necessità di «recuperare l'area moderata». L'alleanza coi 5S non funziona, nota il siciliano Fausto Raciti: «Non fa vincere noi e ammazza loro: veramente valeva la pena di passare sopra il fatto che Conte ha aperto la crisi di Draghi, e che sull'Ucraina siamo inconciliabili in cambio di un'alleanza perdente?» Anche la schleiniana Chiara Gribaudo avverte che forse l'aver regalato ai 5S il candidato è stata una scelta «generosa» ma che «non ha funzionato» e va «ripensata».

Dentro M5S la situazione è ancor più precaria. Per capirlo bastava dare ieri un'occhiata all'organo (fin qui) contiano - tendenza moscovita - del Fatto Quotidiano: un colonnino anonimo in cui si dà conto della vittoria del centrodestra e dell'astensionismo. Non una parola sul risultato miserrimo della lista su cui Conte aveva messo la faccia, precipitata al 7%. Per Conte, dopo le batoste solenni delle ultime amministrative, una vittoria (ma anche solo un buon risultato che lo collocasse sopra il Pd) sarebbe stato manna dal cielo: per questo l'ex avvocato del popolo, raccontano i suoi, si era speso in prima persona con tanta energia. Invece, catastrofe: il candidato grillino sostenuto dal Pd si schianta, ma il partito di Conte fa infinitamente peggio. Ora la sorte del leader è appesa a un filo: arriverà o no alle Europee? Dal suo cerchio magico, ieri, trapelava profonda depressione. Mentre la fronda già inizia a picconare la leadership «troppo personalistica» al punto da ricordare a qualcuno «il modello Luigi XIV», ammesso che qualcuno tra i grillini sappia di chi si tratta. Nel Pd molti sono convinti che Conte (che ieri si è inabissato, evitando ogni commento) riuscirà ad arrivare in sella alle elezioni europee: «Tra scelta di campo pro-Russia e risultati elettorali si è enormemente indebolito». E tra i grillini si affaccia il terrore di restare sotto la soglia psicologica del 10% alle Europee.

E l'idea di cambiare il cavallo (magari con una giumenta, tipo Appendino) in fretta.

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