Fronte di 480 km con 78 battaglioni. La fretta dei russi: piegare il Donbass

Mosca ha poche settimane per vincere, Kiev vuole impantanarla in un conflitto estenuante. La superiorità numerica non è l'unico vantaggio del Cremlino, qui avrà linee corte

Fronte di 480 km con 78 battaglioni. La fretta dei russi: piegare il Donbass

Non combatteranno la stessa guerra. I russi devono chiudere la partita in poche settimane e dichiarare vittoria. Gli ucraini devono bloccarli nel Donbass, drenarne le risorse e lanciare, con l'aiuto della Nato, una controffensiva in grado di ribaltare le sorti del conflitto. Per questo la grande battaglia per la «liberazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk» annunciata ieri dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov - che la definisce «momento cruciale dell'intera operazione speciale» - avrà un doppio spartito. Quello russo è affidato ai 76 gruppi d'assalto posizionati lungo il fronte di 480 chilometri che da Kharkiv, a Nord-Est, scende verso Izyum e Slovansk, attraversa il fiume Dniepr e si congiunge con le linee di Kherson. Una prima linea complicatissima anche per un esercito russo forte, in questa fase, di un'indiscussa superiorità numerica. I suoi 76 gruppi d'assalto (più due nelle ultime 24 ore, a detta del Pentagono), a ciascuno dei quali fanno capo 700/900 uomini appoggiati da 10 carri armati e 40 blindati per il trasporto truppe, garantiscono un forza d'urto di oltre 60mila uomini e 700 tank. Una forza a cui potrebbero aggiungersi molti dei 22 gruppi di combattimento impegnati a Mariupol. Non a caso Mosca preme per annientare la resistenza della città e alterna nuovi devastanti bombardamenti delle acciaierie di Azovstal a offerte di resa con la promessa d'incolumità per chi deporrà le armi.

La superiorità numerica non rappresenta l'unico vantaggio russo. La contrazione delle linee logistiche, molto ridotte rispetto al conflitto combattuto intorno a Kiev, può trasformarsi nella loro carta vincente. A Nord Mosca era costretta a muovere convogli lunghi decine di chilometri attraverso territori controllati dal nemico. Nel Donbass può contare sui miliziani delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk che, oltre a tenere i collegamenti con retrovie distanti poche decine di chilometri, combattono da anni su quei territori e possono contribuire alle difesa delle colonne e dei rifornimento provenienti da Sud e da Est. A far i conti con linee di approvvigionamento molto più lunghe - soprattutto per quel che riguarda armi e munizioni - saranno stavolta gli ucraini. Le forniture garantite da Stati Uniti, Inghilterra e dal resto della Nato passano da Polonia, Slovacchia e Romania. Ma anche attraversando il confine nella zona più meridionale dei territori di Bucarest devono costeggiare i mille chilometri di frontiera con la Moldavia, tra cui gli almeno 400 di una Transnistria controllata dai russi, prima di raggiungere le linee ucraine nel Donbass. Questo rappresenta un grosso svantaggio rispetto al fronte di Kiev dove le piccole e agili unità ucraine potevano contare non solo sulla mobilità, ma anche sui rifornimenti di armi e munizioni in arrivo da Leopoli.

I trasferimenti di armi lungo percorsi di centinaia di chilometri rendono, invece, molto più agevoli le missione di droni e dei caccia bombardieri russi pronti ad intercettare i convogli. L'altra grande incognita degli ucraini riguarda il numero degli effettivi disponibili sulle prime linee orientali e meridionali. Su quelle posizioni, a differenza di quanto avvenuto nella prima fase della guerra, si combatterà sfruttando postazioni fisse o avamposti trincerati simili a quelle della prima e seconda guerra mondiale. Su questa tipologia di prima linea uomini e mezzi conteranno più della mobilità. L'asso nella manica di Kiev resteranno, però, le mosse a sorpresa garantite dalle informazioni in tempo reale provenienti dai centri d'intelligence di Washington e Londra. Mosse che inevitabilmente continueranno a mettere in difficoltà una macchina militare russa lenta e macchinosa. Non a caso ieri il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu, ricomparso in pubblico dopo una misteriosa assenza, ha accusato l'Occidente di «far di tutto per prolungare» le ostilità in Ucraina. Accuse non proprio infondate.

Solo bloccando l'offensiva russa e trasformando il Donbass in un nuovo pantano i leader della Nato potranno negare la vittoria a Vladimir Putin. E realizzare così l'obbiettivo concordato nel vertice telefonico di ieri con Joe Biden.

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