«Furti in ditta? No al porto d'armi»

Il Consiglio di Stato dà torto a un imprenditore bresciano

Aver subito numerosi furti nel corso degli anni non è un requisito sufficiente per pretendere di detenere un regolare porto d'armi. Lo stabilisce il Consiglio di Stato con una sentenza che rischia di influenzare non poco il dibattito sulla ridefinizione della legittima difesa.

La vicenda riguarda un imprenditore della Valcamonica, in provincia di Brescia, ed è piuttosto annosa. L'uomo è titolare di un'azienda specializzata in montaggio e manutenzione di impianti industriali, che ha sede a Pian Camuno e dà lavoro a un centinaio di persone. Negli anni scorsi l'azienda ha subito numerosi furti e l'imprenditore ha deciso di chiedere alla prefettura di Brescia di poter detenere legalmente un'arma. La risposta della prefettura bresciana è arrivata nel 2008 e fu un no: secondo l'ufficio territoriale di governo l'uomo non aveva nessun bisogno di girare armato. L'imprenditore fece ricorso al Tar della Lombardia, che gli dette ragione e pretese una nuova istruttoria. A quel punto però il ministero dell'Interno (per ironia della sorte proprio quello oggi diretto da Matteo Salvini, tra i più convinti nel difendere gli interessi della cosiddetta «lobby delle arni») ha impugnato davanti al Consiglio di Stato la decisione del tribunale amministrativo lombardo. E il Consiglio di Stato alla fine ha dato ragione al prefetto: niente porto d'armi per l'imprenditore camuno.

La legge italiana prevede vari tipi di porto d'armi. A parte quelli per uso sportivo o per praticare la caccia, che valgono solo nei poligoni o nelle aree in cui è autorizzata l'attività venatoria, e quelli per appartenenti alle forze dell'ordine e per guardie giurate, il vero busillis è da sempre il porto d'armi per difesa personale, che è ottenibile soltanto in caso di dimostrato bisogno, ed è quindi rilasciato con discrezionalità da parte dell'autorità. Solitamente lo svolgimento di una professione particolarmente a rischio (magistrati, gioiellieri, coloro che trasportano preziosi, investigatori privati, operatori del settore assicurativo e bancario) è considerato un fattore necessario per il successo delll'istruttoria.

Necessario ma non sufficiente, se è vero che in questa vicenda il Consiglio di Stato ha ritenuto che «l'appartenenza a una categoria professionale, a eccezione delle forze dell'ordine, non è di per sé tale da giustificare il rilascio delle licenze di porto d'armi». E i furti? Pazienza. La priorità è sempre «la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica generale».

AnCu

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