L a testa del più importate magistrato italiano rotola con due righe di notizia alle sette di ieri sera. Ed è un rotolare fragoroso, che irrompe con la potenza del fatto mai accaduto nello psicodramma anch'esso inedito che sta vivendo la magistratura italiana. A cadere, sotto la lama delle intercettazioni della Procura di Perugia sul «caso Palamara», è il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio (nel tondo). Sessantanove anni, pugliese di Andria, una carriera costruita nell'ortodossia correntizia avendo da sempre in testa quell'approdo finale: il gigantesco ufficio di piazza Cavour da cui il procuratore generale controlla non solo la gestione dei processi ma soprattutto la sorte disciplinare dei novemila magistrati italiani. Fuzio aveva coronato il suo sogno due anni fa grazie all'appoggio determinate di Luca Palamara, suo amico e suo collega di corrente. Ed è il link con Palamara a fargli chiudere la carriera nel peggiore dei modi.
Ieri mattina Fuzio sale al Quirinale per incontrare Sergio Mattarella. La richiesta di incontro, annunciata la sera prima, viene interpretata come un ultimo tentativo di Fuzio di salvarsi, di spiegare al capo dello Stato le sue ragioni, come ha già fatto nella lettera inviata a tutti i suoi colleghi della Procura generale della Cassazione. Ma c'è poco da spiegare. L'intercettazione della lunga chiacchierata tra Fuzio e Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati ed ex membro del Csm, potente leader della corrente più potente, è da tre giorni sotto gli occhi di tutti, Fuzio sa di avere davanti un inquisito ma si intrattiene con lui, parla di nomine, gli rivela segreti. Se fossero comuni cittadini sarebbero entrambi in carcere.
Mattarella ieri mattina da Fuzio non si aspetta spiegazioni ma una parola sola: dimissioni. È il passo indietro che viene chiesto a gran voce da tre giorni, e che anche ieri mattina l'Associazione nazionale magistrati invoca come «gesto di responsabilità» da parte di Fuzio. Ma il più fermo di tutti, nel ritenere che il tempo del procuratore generale sia ormai scaduto, è proprio Mattarella: allo stesso modo in cui dal Colle era venuto l'invito ai consiglieri del Csm coinvolti nelle intercettazioni perché lasciassero l'incarico. I consiglieri, fino a quel momento tenacemente attaccati all'incarico, si erano rassegnati. E ieri si rassegna anche Fuzio. Mattarella gli rende l'onore delle armi, ringraziandolo per la «decisione assunta con senso di responsabilità a conclusione di un brillante percorso professionale al servizio delle istituzioni».
Fuzio rimarrà in servizio sino a novembre, per consentire la nomina del suo successore. Ma è chiaro che qualunque attività concreta di Fuzio in questi sei mesi sarebbe fragile, quasi delegittimata.
Il potere passa di fatto nelle mani del suo vice: Francesco Iacoviello, considerato un maverick, uomo lontano dalle correnti. Sarà lui a svolgere il ruolo delicato di grande accusatore nella fase drammatica che attende la magistratura italiana.
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