Cronache

Gaia e Camilla, il parroco: "Il senso della vita non è guidare da sbronzi"

Don Gianni Matteo nell'omelia: «Ci sentiamo onnipotenti e ci scopriamo palloni gonfiati»

Gaia e Camilla, il parroco: "Il senso della vita non è guidare da sbronzi"

«C os'è il senso della vita?». Camilla lo aveva chiesto giorni fa ai suoi genitori e alla sorella. Il parroco l'ha sottolineato durante l'omelia di fronte alle bare bianche di Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann, facendo la stessa domanda al giovane che le ha travolte e uccise, Pietro Genovese. «Quando ti metti a guidare sbronzo o fatto - dice don Gianni Matteo Botto - è questa la vita? Mandarla in fumo? In fondo ci sentiamo tutti un po' superbi, onnipotenti, e poi non riusciamo a seguire le regole base della convivenza. Ci riscopriamo tutti un po' palloni gonfiati. Il senso della vita non è bere o fumarsela».

Le rose bianche, le saracinesche abbassate lungo via Flaminia, al quartiere Fleming dove abitavano le due sedicenni, la folla attorno la parrocchia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore. La stessa dove Camilla era stata cresimata due anni fa. E l'assenza di un qualsiasi componente della famiglia Genovese, di un biglietto, di un fiore. Il silenzio all'apertura dei carri funebri. «Gaia e Camilla sempre con noi» si legge su uno striscione appeso al sovrappasso della tangenziale su Corso Francia, a pochi metri dal punto in cui il crossover di Genovese le ha investite e uccise, sabato scorso. Durante la funzione prendono la parola una zia di Gaia e la sorella di Camilla, Giorgia. «Si è persa una delle fondamenta della nostra famiglia - dice la sorella maggiore - Eri la piccola di casa. Tu che trovavi imbarazzo ogni volta che si parlava di te, non ti piaceva sentirti gli occhi addosso. Ti sentivi imperfetta. Qualche giorno fa ci avevi chiesto quale era il senso della vita e non ti ho saputo rispondere. Ecco, adesso lo dico: il senso della vita sei tu». «Sedici anni sono troppo pochi per morire - sottolinea un'amica di Gaia e Camilla - Bisogna vivere il dolore per capirlo. Resterà un enorme vuoto dentro di me, una cicatrice che resterà per sempre». «Camilla e Gaia non ci hanno lasciati - interviene la zia di Gaia - Sono nel vento, nel profumo dei fiori, la loro voce è nel canto degli uccelli. Hanno raggiunto i nostri avi e riposeranno con loro».

Fuori, in strada e lungo il viale che porta alla piccola chiesa, i ragazzi di Roma Nord. I compagni del liceo De Sanctis, quelli della comitiva e quelli conosciuti solo in chat. Una zia viene portata via, in ambulanza, per un malore. Poi è la volta di una donna che davanti alle bare piene di fiori si accascia a terra. Il quartiere intero, e non solo quello, piange disperato la perdita delle due ragazzine. «Ma si può ancora morire sulla strada in questa città maledetta?» chiede con rabbia un uomo mentre attende, paziente, l'uscita delle salme.

Il regista Paolo Genovese, attraverso il suo legale, avrebbe cercato di incontrare le famiglie delle vittime. Ma i familiari di Camilla e Gaia avrebbero preso tempo. Troppo forte il loro dolore. Per mamma Cristina e mamma Antonella gli arresti domiciliari disposti dal gip Nicotra per Pietro sono una misura lieve. «Genovese meritava di più» il commento, a caldo, della madre di Gaia. «Adesso siete due stelle che illuminano la notte buia» dice una zia. «Ciao angeli» si legge fra i mazzi di fiori. Poi l'uscita delle bare, una accanto all'altra, come Camilla e Gaia mentre cercavano di raggiungere il marciapiede quando un Suv guidato da un ragazzo ubriaco fradicio le ha stroncate. Ad accompagnarle le note di A Te di Jovanotti e Ti voglio bene di Tiziano Ferro.

Infine l'applauso, il più triste applauso della capitale.

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