
È il 20 luglio 1993. "Quel giorno - racconta Carlo Sama (foto) - probabilmente ero a Milano. Si viveva in un clima tesissimo, fra arresti e avvisi di garanzia. Un mondo intero veniva giù in un clima di fine epoca. In quel contesto cupo ricevo una telefonata: è Raul Gardini. E Gardini mi dice solo quattro parole: È morto da eroe. Capisco al volo che si riferisce a Gabriele Cagliari che si è appena ammazzato in cella, ma non faccio in tempo ad aggiungere nulla. Lui ha già riattaccato. È l'ultima volta che ci siamo sentiti, perché la mattina del 23 luglio anche Raul decide di farla finita, sparandosi nel suo appartamento di Palazzo Belgioioso a Milano".
Sama è un fiume in piena: il pubblico accorso sabato sera al Teatro Mercurio di Campiglia Marittima per gli incontri di Villa Mussio, ascolta dettagli inediti. Un racconto drammatico e mai sentito che riprende forza domenica pomeriggio al Caffè della Versiliana di Marina di Pietrasanta, davanti alle domande del direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.
Sama presenta il suo fortunato libro La caduta di un impero, Rizzoli, che analizza quei mesi terribili del 1993, un vortice che afferra e stritola il gruppo Ferruzzi, allora la seconda dinastia industriale d'Italia. "Bisogna tornare a quei giorni infuocati - osserva il cognato di Gardini - non si sapeva quale sarebbe stato il nostro destino. Si viveva alla giornata e certo in quella situazione infernale, Gardini fu colpito moltissimo dall'uscita di scena colma di dignità e consapevolezza di Gabriele Cagliari, che ai tempi della disastrosa operazione Enimont era stato un nostro avversario, ma ora non lo era più, perché anche lui come noi era finito nel mirino della procura di Milano e dei poteri forti".
Da San Vittore, dove è detenuto, Cagliari scrive una missiva durissima contro i magistrati di rito ambrosiano: "Siamo cani in un canile dal quale ogni procuratore può prelevarci per fare la propria esercitazione". "Una lettera bellissima per una morte spaventosa - aggiunge Sama - infilando la testa in un sacchetto di plastica". La mattina del 23 luglio tocca a Gardini presentarsi davanti ad Antonio Di Pietro: la promessa è che a fine giornata tornerà a casa, probabilmente ai domiciliari, ma eviterà il carcere. Invece, il Contadino anticipa tutti. "Io ero a Lugano - riprende Sama - e meditavo il da farsi, quando ecco la telescrivente batte la notizia che Gardini si è ammazzato. Chiamo la sua segretaria e lei mi conferma. A quel punto ho deciso di costituirmi e sono partito per Milano. Ho attraversato una tempesta violentissima . Ancora più dura perché alla Procura si aggiunge in quelle settimane Mediobanca che decide di farci fuori".
I Ferruzzi vengono spazzati via e il gruppo spolpato, anche se le società e aziende dei Ferruzzi avevano sì criticità finanziarie ma non industriali e si sarebbero tirate fuori dalla crisi se fosse stato dato loro il tempo.
Sama cita un verbale molto interessante del Comitato esecutivo del Credito italiano: una merchant bank, Goldman Sachs, era pronta a immettere capitali per salvare i Ferruzzi, ma il salvataggio non ci fu, ci fu invece l'affondo di Mediobanca che mise in ginocchio l'impero di Ravenna.
Un'ultima riflessione riguarda il fondatore Serafino Ferruzzi: "Si oppose al monopolio delle Cinque sorelle che dominavano il mercato mondiale dei cereali, così come Enrico Mattei si era messo di traverso al cartello delle Sette
sorelle nel campo petrolifero. Mattei cadde con il suo aereo a Bascapè il 27 ottobre 1962, Ferruzzi precipitò ormai in vista dall'aeroporto di Forlì il 10 dicembre 1979". Due misteri italiani che rimarranno senza soluzione.