
La Germania comincia a mettersi di traverso, con la Francia è ormai scontro aperto e insulti. L'Italia non smette di ripetere che la guerra deve finire. L'Europa alza sempre più forte la voce contro la strategia militare di Israele a Gaza. Fino a qualche settimana fa, la posizione del governo spagnolo - che ha già riconosciuto lo Stato palestinese, invoca sanzioni e un embargo alle armi a Israele - sembrava una posizione estrema all'interno del vecchio continente, che fin dal massacro del 7 ottobre non ha fatto mancare il proprio sostegno a Israele. Ma pian piano la voce di altri Paesi si sta alzando e le cancellerie europee, dopo molti appelli inascoltati sulla fine del conflitto e l'ingresso degli aiuti a Gaza, stanno valutando misure sempre più concrete per premere su Israele, scatenando l'ira del governo Netanyahu.
Per la prima volta, il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha lasciato intendere che la Germania valuta uno stop alle armi per Israele. Il ministro ha spiegato che un conto è l'invio perché Israele si difenda dalle «gravi minacce alla sua sicurezza ed esistenza». «Un'altra questione - ha precisato - è se quanto sta accadendo a Gaza sia compatibile con il diritto internazionale. Stiamo esaminando la questione e sulla base di questa valutazione autorizzeremo semmai ulteriori consegne di armi».
Un cambio di linea. Ma nulla in confronto alla rabbia che hanno provocato a Tel Aviv e Gerusalemme le parole di Emmanuel Macron, non nuovo a scintille con il governo israeliano. Secondo il presidente francese, riconoscere lo Stato palestinese è ormai «un dovere morale» oltre che «un'esigenza politica». È arrivato il momento per gli europei di «indurire la loro posizione collettiva» nei confronti di Israele, anche per evitare «doppi standard» rispetto all'Ucraina. Se l'Occidente «abbandona Gaza» e «lascia che Israele faccia ciò che vuole», rischia di «perdere ogni credibilità con il resto del mondo». Un avvertimento pronunciato dal Forum della difesa di Singapore e che ha prodotto una reazione sprezzante e indignata da Israele. «Macron fa una crociata contro lo Stato ebraico», ha spiegato il ministero degli esteri israeliano. «Invece di fare pressione sui terroristi jihadisti, il presidente francese vuole ricompensarli con uno Stato palestinese. Non c'è dubbio che la sua festa nazionale sarà il 7 ottobre». Proclami ancora più infuocati dal ministro della Difesa Israel Katz, dopo il via libera del governo israeliano a 22 nuovi insediamenti in Cisgiordania - una mossa considerata una nuova provocazione ai danni dei palestinesi. «Il riconoscimento dello Stato palestinese finirà nel cestino della storia» e Israele «costruirà uno Stato ebraico in Cisgiordania», promette Katz.
Il clima nei confronti di Israele sembra irrimediabilmente cambiato. La delusione cresce, dopo che nelle ultime ore si sono infrante le speranze di tregua appese al piano Witkoff. I negoziati proseguono, Katz minaccia Hamas - «Accetti o sarà distrutta - ma la delusione internazionale per le mosse israeliane cresce e ha radici più lontane. Un punto di svolta è stato l'annuncio del piano per l'invasione della Striscia, che sta mietendo migliaia di nuove vittime. Prima ancora c'è stato il susseguirsi di dichiarazioni violente del governo israeliano su Gaza. E in queste ore ci sono ancora le scene dei palestinesi alla fame, con l'Onu esautorato dal nuovo sistema di distribuzione di aiuti nella Striscia.
A riprova di una linea militare sempre più dura di Israele, che sembra ignorare le sofferenze dei gazawi, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha affermato che «è ora di entrare nella Striscia di Gaza con tutta la forza necessaria, senza battere ciglio, per distruggere
e uccidere completamente Hamas». «La confusione, l'incertezza e la debolezza devono finire - ha aggiunto il ministro dell'estrema destra - Abbiamo già perso troppe occasioni». La conferma che Israele non intende fermarsi.