
Uccisi mentre lavoravano sotto le bombe per raccontare al mondo il conflitto di Gaza. Uccisi con una tecnica di guerra spietata, il double tap, l'attacco in due momenti. Si colpisce una prima volta l'obiettivo, poi si lascia passare un po' di tempo e si colpisce di nuovo. A quel punto sul terreno si precipitano soccorritori, civili per dare aiuto e giornalisti. Le vittime si moltiplicano. È quello che è successo ieri mattina all'ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza dove, secondo ricostruzioni filmate e testimonianze, una prima esplosione, forse provocata da un drone al quarto piano della struttura, ha trascinato sul posto chi quella scena era pronto a raccontarla per dovere professionale. Tra le almeno 20 vittime dell'attacco ci sono anche cinque giornalisti e fotoreporter palestinesi che collaboravano con testate internazionali quali Reuters, Associated Press, Al Jazeera. I reporter usavano spesso la scala esterna per le dirette tv e per captare il segnale internet. Hossam al-Masri, cameraman a contratto di Reuters, era in diretta quando è rimasto ucciso dalla prima esplosione. Nella seconda deflagrazione hanno perso la vita Moaz Abu Taha, il fotoreporter di Al Jazeera Mohammad Salama, la giornalista freelance Mariam Abu Dagga, che collaborava con l'Associated Press e diversi media tra cui l'Independent Arabic e, dopo qualche ora, anche il reporter Ahmed Abu Aziz, morto per le ferite dell'attacco.
L'ultimo post di Mariam, 33 anni, mamma di un ragazzo di 12 anni, risale a un'ora prima della sua morte. La freelance palestinese aveva scritto al figlio Ghaith una lettera testamento, consapevole dei rischi a Gaza, dopo essersi separata dal bimbo a inizio conflitto, quando lui è stato evacuato. "Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio", si legge nel messaggio. "Ho sempre fatto di tutto per renderti felice, per farti sentire felice e a tuo agio, e per darti tutto - ha aggiunto - Voglio che tu preghi per me e non pianga per me, così posso rimanere felice". Mariam e gli altri sapevano di essere in una situazione ad alto rischio. Solo poche settimane fa un raid all'Ospedale Al Shifa di Gaza City ha ucciso sei reporter. In totale, da inizio conflitto, sono oltre 249 gli operatori dell'informazione morti a Gaza.
In serata, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto "rammaricato per il tragico incidente". Israele ha promesso un'inchiesta "prima possibile", dopo aver precisato che "non prende di mira i giornalisti in quanto tali". Il generale Effie Defrin, portavoce dell'esercito, ha spiegato che l'Idf "non prende di mira intenzionalmente i civili" e le truppe stanno combattendo in "condizioni impossibili". Secondo funzionari militari, a fare fuoco, sparando due proiettili, sarebbe stato un carro armato che ha prima bombardato una telecamera, credendo che il dispositivo venisse utilizzato per tracciare le truppe, e ha poi colpito chi è accorso sul posto. Ma l'ennesimo attacco a un ospedale, dove pure l'Idf ritiene che Hamas nasconda uomini e armi, aumenta lo sdegno generale per un conflitto di cui non si vede ancora la fine. "Una scena mostruosa e crudele", la definisce il dottor Mahmoud Kullab di Medici Senza Frontiere, che si trovava all'interno, mentre la onlus denuncia "l'impunità totale" di Israele. Alla Reuters, dove attendono notizie di un altro collaboratore ferito, Hatem Khaled, si dicono sconvolti per la morte del cameraman al-Masri, all'Ap sono "scioccati e rattristati" per l'uccisione della freelance Mariam. Al Jazeera, finanziata dal Qatar, accusa Israele di voler "seppellire la verità" e parla di "un altro crimine di guerra", come fa Hamas. Per Reporter Senza Frontiere: "Israele sta facendo di tutto per far tacere voci indipendenti", dice il direttore generale Thibaut Bruttin, secondo cui non si era "mai assistito a un regressione così grave della sicurezza dei giornalisti". Anche Donald Trump spiega di "non essere felice" dell'attacco e invita a "porre fine a questo incubo".
Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani chiede che venga garantita l'incolumità dei giornalisti. Il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, è indignato: "Restiamo allibiti di fronte a quello che sta succedendo a Gaza nonostante la condanna del mondo intero".