Gentiloni debutta in Europa Ma Prodi gli rovina la festa

Il Professore accusa Berlino di aver distrutto la Ue proprio mentre il premier a Bruxelles trattava sui conti pubblici

Gentiloni debutta in Europa Ma Prodi gli rovina la festa

La buona accoglienza dei leader europei al neopremier Paolo Gentiloni al Consiglio europeo di Bruxelles non è da sopravvalutare. Di sicuro ci sono solo le richieste dell'Ue all'Italia, ma quanto l'Unione sia disposta a concedere è ancora un'incognita. Bisogna registrare, tuttavia, il saluto affettuoso del commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. «Quello di Paolo Gentiloni è sempre un governo amico ed incontrerò con piacere il primo ministro», ha dichiarato il ministro comunitario delle Finanze.

Il benvenuto abbastanza caloroso è, però, legato a un'altra circostanza: la necessità dei socialisti europei di far fronte comune per perpetrarsi alla guida dell'Europarlamento dopo le dimissioni del tedesco Martin Schulz. È vero che si fronteggiano due italiani, il forzista Tajani e il dem Pittella, ma è chiaro che più che lo scranno agli altri interessano i posti del «sottobosco».

In ogni caso, Gentiloni ha fatto fronte comune coi suoi colleghi del Pse e la gentilezza di Moscovici, che pure si era speso per evitare una bocciatura anticipata della manovra elettorale di Renzi, potrebbe tornare utile se ben sfruttata. In fondo pure il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, aveva aperto mercoledì scorso all'esclusione delle spese per i migranti dal patto di Stabilità perché «l'Italia non può essere lasciata sola», ma le parole se le porta via il vento. La dimostrazione più lampante di questa discrasia tutta europea è nelle dichiarazioni del «superfalco» finlandese Jyrki Katainen, vicepresidente dell'esecutivo europeo e guardiano del rigore in nome e per conto della Germania. Il piano Juncker è stato «una boccata d'ossigeno di cui hanno beneficiato oltre 190mila tra piccole e medie imprese italiane», ha detto ieri Katainen rimarcando come il programma di investimenti finanziati dalla Bei su garanzia europea sia stato generoso con l'Italia. Il non detto è che, a questo punto, il nostro Paese dovrebbe smetterla di frignare e attenersi alle regole.

Gentiloni, da ex ministro degli Esteri, dovrebbe conoscere questi equilibri, ma finora s'è ben guardato dal modificarli e, anche se si è lamentato della scarsa collaborazione sul fronte immigrati, si è accodato a Germania e Francia sulla proroga fino a fine luglio 2017 delle sanzioni alla Russia in scadenza a gennaio. Insomma, un «Renzi-bis senza Renzi» anche in Europa perché sulle questioni che contano, come gli scambi commerciali con Mosca, il primo ministro non ha sollevato troppa polvere nonostante le imprese italiane chiedano di smetterla con questo autolesionismo.

Certo, il coraggio uno non se lo può dare. Soprattutto se si considera che a primavera l'Italia rischia una procedura di debito eccessivo a causa della Stabilità in deficit e, anche se manovra correttiva dovesse essere, Gentiloni si muoverà sulla falsariga del predecessore cercando di minimizzare gli impatti di provvedimenti impopolari che Padoan sarebbe pronto a varare.

Ecco perché l'ex presidente della Commissione ed ex premier, Romano Prodi, ieri ha fatto un tardivo salto della quaglia. «L'Europa non conta più nulla.

La Commissione, che rappresenta l'aspetto collegiale dell'Europa unita, non esiste più, perché gli Stati hanno ripreso il potere», ha asserito accusando la Germania di non saper esercitare una vera leadership. Gentiloni, perciò, rischia di essere l'ultimo adepto di quest'istituzione che «non conta più nulla».

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