Alla vigilia dell'incontro tra i magistrati egiziani e quelli italiani sul caso di Giulio Regeni aumenta la tensione tra Roma e Il Cairo. L'Italia «pretende» la verità sulla vicenda del ricercatore universitario torturato e ucciso al Cairo, altrimenti il governo è pronto a mettere in atto misure «proporzionate e adeguate» nei confronti dell'Egitto, ha detto il capo della Farnesina, Paolo Gentiloni, in Parlamento, suscitando il gelo del ministero degli Esteri egiziano: «Visti i forti legami storici tra i popoli e i governi dei due Paesi e che gli ultimi avvenimenti testimoniano il coordinamento nelle indagini sulla morte di Regeni - afferma una nota - l'Egitto si astiene dal commentare affermazioni che complicano ulteriormente la situazione, soprattutto alla vigilia dell'arrivo della squadra di pm e di alti funzionari egiziani a Roma per condividere con gli inquirenti italiani gli ultimi sviluppi nelle indagini». Qualche ora più tardi l'intervento del presidente egiziano al Sisi, che ha confermato «piena cooperazione» con l'Italia per trovare i responsabili dell'omicidio di Regeni, sottolineando peraltro che il suo Paese è determinato ad appurare anche la sorte di Adel Mawead, cittadino egiziano scomparso in Italia nell'ottobre 2015. Al mattino Gentiloni, in Parlamento, aveva mandato un messaggio chiaro: «Basta verità di comodo o il governo reagirà». «Verità di comodo in questi ultimi due mesi ne sono circolate con troppa frequenza. Noi ci fermeremo solo davanti alla verità, quella vera e non di comodo». «Se non ci sarà un cambio di marcia» da parte delle autorità egiziane «il governo è pronto a reagire con misure proporzionali». La delegazione di inquirenti egiziani, guidata dal sostituto procuratore generale egiziano, Mustafa Soliman arriverà oggi a Roma e rientrerà al Cairo sabato. Secondo quanto riferito in questi giorni dai media del Cairo, sarebbe diviso in almeno tre parti il dossier di oltre 2.000 pagine contenente gli interrogatori di circa 200 testimoni. Gentiloni guarda con fiducia ai contatti tra i magistrati italiani e gli inquirenti egiziani e premette che l'incontro «potrebbe essere decisivo» per le indagini. A oggi, sottolinea Gentiloni, i dossier egiziani sono stati «carenti» e i documenti consegnati il mese scorso alle autorità giudiziarie italiane «mancavano almeno di due dei 5 capitoli richiesti», a cominciare dalle richieste dei magistrati italiani sul traffico telefonico degli ultimi giorni del giovane, fino ai video «della metropolitana del Cairo dove potrebbe essere accaduto il sequestro». Mancano all'appello anche l'autopsia completa e spiegazioni sulle carte.
E ieri, infine, la testimonianza a una radio di Davide Romagnoni, 44 anni, fondatore del gruppo ska Vallanzaska, che ha raccontato la sua disavventura egiziana. Finito in carcere («un girone infernale e kafkiano») per una foto sbagliata: «Ho vissuto 35 ore di paura, ho pensato di morire...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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