Georgia, sì al processo anti-Trump (ma via l'amante della procuratrice)

Willis può continuare a seguire il caso, il suo assistente deve lasciarlo

Georgia, sì al processo anti-Trump (ma via l'amante della procuratrice)
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Il processo contro Donald Trump e gli altri co-imputati per la tentata sovversione del voto 2020 in Georgia può andare avanti, ma ad una condizione: la procuratrice Fani Willis dovrà abbandonare il caso; oppure la stessa Willis dovrà rimuovere il principale avvocato dell'accusa, il suo ex amante Nathan Wade. È quanto ha stabilito il giudice della Corte superiore della Contea di Fulton (quella di Atlanta), Scott McAfee, al termine di un «processo nel processo» che ha rischiato di compromettere in maniera irreparabiile il caso costruito dalla Willis, procuratrice democratica assurta a fama nazionale per la sua battaglia legale contro l'ex presidente, che a novembre tenterà di tornare alla Casa Bianca.

A sollevare la questione era stato uno dei co-imputati del tycoon, Michael Roman, che a gennaio aveva denunciato la relazione «clandestina» della Willis con Wade, il procuratore da lei stessa assunto per guidare il team anti Trump. Secondo l'accusa, non solo Willis era in evidente conflitto di interessi, ma aveva anche beneficiato finanziariamente dalla nomina di Wade, attraverso le vacanze romantiche che lui le aveva pagato, grazie alle centinaia di migliaia di dollari guadagnati col suo incarico. Di qui, la richiesta che Willis e tutto il suo team venissero rimossi dal caso. Ne era seguito un procedimento nel quale la relazione tra Willis e Wade era stata vivisezionata in ogni aspetto e nel quale i due ex amanti (la relazione si era interrotta la scorsa estate) si erano difesi in maniera a volte fumosa, sollevando «dubbi ragionevoli» sulla loro sincerità, come ha scritto il giudice. «Volete mettermi sotto processo, ma il processo è contro chi ha tentato di rubare un'elezione!», aveva tuonato la procuratrice durante un interrogatorio. E tuttavia, il giudice ha da un lato stabilito che gli accusatori di Willis e Wade non erano stati in grado di dimostrare che il conflitto di interessi fosse tale da giustificare la loro rimozione. Dall'altro, ha sottolineato che da parte della procuratrice c'era stato un «enorme errore di giudizio» nella vicenda.

Apparentemente, si tratta di una vittoria per Willis e di una sconfitta per Trump. Ma a ben guardare la procuratrice esce ammaccata da questa vicenda. Se il procedimento al quale lavora da tre anni, possibilmente il più insidioso dei quattro processi penali di Trump, rimane in piedi, la sua credibilità, anche agli occhi della futura giuria, appare però compromessa. Trump si è lamentato della decisione, continuando ad accusare Willis di avere messo in piedi una «caccia alle streghe» insieme alla «Casa Bianca di Joe Biden». In realtà, il giudice McCafee, coi suoi pesanti giudizi su Willis e Wade, gli ha assegnato almeno un pareggio. Tra l'altro, mercoledì, lo stesso giudice ha archiviato tre dei capi di accusa contro di lui, pur mantenendo in piedi l'impianto generale.

Nel frattempo, il

tycoon sta sempre più forgiando a sua immagine la macchina elettorale del partito, il Republican National Committee. I suoi fedelissimi, appena insediati ai vertici, stanno procedendo da giorni a epurazioni e licenziamenti.

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