Cronache

Già in semilibertà i manager Thyssen

Ira dei parenti delle vittime: "Non è possibile, ci incateniamo a Roma"

Già in semilibertà i manager Thyssen

Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati a 5 anni per omicidio e incendio colposo dello stabilimento ThyssenKrupp di Torino, non faranno il carcere. La Procura di Essen, chiamata a dare applicazione alla sentenza del Tribunale di Hamm, dà il via libera alla semilibertà.

È stata Radio Colonia, trasmissione storica in lingua italiana della radio pubblica tedesca a dare la notizia in esclusiva, che è stata confermata direttamente dalla procuratrice generale di Essen, Anette Milk. In sostanza i due manager non faranno alcun giorno di carcere ma potranno recarsi al posto di lavoro, rientrando invece a dormire presso l'istituto di pena. Sarà invece il penitenziario a decidere se Espenhahn, ex amministratore delegato di ThyssenKrupp, e Priegnitz, responsabile finanziario del gruppo siderurgico, dovranno recarsi al lavoro con la propria auto o con i mezzi pubblici. «Non è neppure escluso che i due possano passare il fine settimana in famiglia - spiega ancora Radio Colonia - sempre che la struttura detentiva decida in questa direzione dopo aver valutato il loro comportamento». La notizia in arrivo da Essen smentisce quanto affermato giorni fa dal procuratore di Torino Francesco Salluzzo che attendeva l'imminente carcerazione dei due condannati, escludendo dunque misure alternative. Avvocati penalisti contattati dall'emittente hanno invece confermato che il Nord Reno-Vestfalia, il Land con Essen, è fra i più garantisti e tende a concedere pene alternative con relativa facilità.

Scioccata la reazione, fra le altre, di Rosi, madre dell'operaio 26enne Giuseppe Demasi, una delle sette vittime del rogo del dicembre del 2007. Pochi giorni fa la donna aveva accolto con favore le parole del procuratore Salluzzo. Ricevuta la notizia, ha annunciato che si presenterà in Germania per vedere se ci sarà qualcuno che avrà il coraggio guardarla negli occhi: «Ce lo devono dire in faccia!». «Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile» dice Rosina Platì, madre di un'altra delle vittime. Di simile tenore il commento di Antonio Boccuzzi, operaio Thyysnekrupp sopravvissuto all'incendio: «Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando: la notizia è inattesa quanto vergognosa». I due erano stati condannati a Torino a 9 anni e 8 mesi (Espenhahn) e a 6 anni e 10 mesi (Priegnitz). Condanne che il sistema giudiziario tedesco che non riconosce l'estradizione ha dichiarato immediatamente eseguibili. Salvo che nella Repubblica tedesca la pena massima per omicidio colposo è 5 anni.

E là dove i magistrati italiani immaginavano il possibile passaggio alla semilibertà una volta scontata metà della sentenza, il sistema tedesco prevede che, dopo 2 anni e mezzo di semilibertà, si possa applicare la sospensione condizionale.

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