Quando il populismo viaggia a targhe alterne Luigi Di Maio tira fuori la macchina. Nessuno come lui (a parte Renzi) riesce a dire una cosa la mattina e l'esatto contrario al pomeriggio. Come ieri, quando si è presentato al Forum Ambrosetti di Cernobbio tutto bello incravattato, camicia bianca inamidata e abito blu da matrimonio, per le consuete photo opportunity accanto ai politici e finanzieri che non sopporta ma ai quali strizza l'occhio. Le prove da aspirante presidente del Consiglio spaziano dall'alta finanza al forno di Santa Rita. Ma la cosa divertente è che dopo aver dismesso i panni da populista incallito, inferocito combattente anti-euro, sedendo accanto agli odiati Gentiloni, Boschi e Padoan, dopo aver decantato le lodi delle auto elettriche «che sono il futuro del mondo», dopo aver rinnegato il populismo («siamo qui per fare proposte»), non ha resistito alla passerella dell'autodromo di Monza che incanta politici di ogni schieramento e si è fatto un bel giro tra le rombanti auto da Formula Uno (altro che quelle elettriche), appendendo nell'armadio l'abito blu, e indossando una polo rosso Ferrari. Ed ecco che rispunta il Di Maio populista, più fedele a Instagram che ai cinquestelle, che fa notare ai suoi 88mila follower che a lui il biglietto non lo regalano: «Curva parabolica, biglietto pagato». Proprio non ce la fa.
Tallona Paolo Gentiloni (anche lui nel paddock con Marchionne) che nemmeno Vettel su Hamilton, imitandolo in tutto (anche se «a lui non rispondo»), gioca a fare il premier ante litteram, ma poi scivola sulla buccia di banana del populismo, che non attrae più nessuno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.