La cronaca parla di un'operazione dei Carabinieri che ieri («alle prime luci dell'alba», come scrivono le agenzie) ha sferrato un attacco al business del controllo del gioco illecito online da parte della 'ndrangheta. Quarantuno ordinanze di custodia cautelaree, 56 imprese nazionali ed estere sequestrati, oltre a 1500 punti commerciali, 82siti nazionali e internazionali per un valore stimato pari a circa duemiliardi di euro. Quasi una manovra finanziaria.
Del resto il fenomeno è in espansione. Secondo Paola Vinciguerra, psicoterapeuta e Presidente Eurodap, le persone appassionate di gioco d'azzardo oscillano tra l'1,5 e il 3,8 per cento della popolazione totale, cui bisogna aggiungere un altro 2,2 per cento di giocatori che ne soffrono patologicamente. Una stima prudente parla di quasi un milione di italiani affetti da vera e propria dipendenza da gioco d'azzardo. Fenomeno che molti identificano come «ludopatia»: parola che però definisce la passione per il gioco, mentre nella gran parte dei casi l'oggetto del desiderio non è la competizione o il rischio, ma la vittoria. «Il piacere per il gioco manca completamente in chi ne soffre», dicono gli esperti.
Un problema, non c'è dubbio. Ma che fare? Proibire o non proibire? Qualcuno ha già deciso: proibire. È il caso della Regione Lombardia, che da anni persegue l'obiettivo di azzerare le slot machine e per questo non concederà licenze a bar, tabaccherie e sale gioco che siano a meno di 500 metri da luoghi sensibili come scuole, ospedali, centri anziani, chiese e altri luoghi definiti sensibili.
Ma per qualcun altro il proibizionismo non rispolve il problema, anzi consentirà solo a chi ghestisce il gioco in maniera illegale di fare ancora più affari grazie a una gestione che offre ancora meno garanzie ai giocatori. Gioco sì, gioco no. Proibire o controllare. Il dibattito è aperto: noi registriamo due posizioni contrastanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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