Il protagonismo di Salvini ha messo in ombra il resto del governo, con l'eccezione forse del premier Conte per il ruolo che lo mette alla pari con i grandi leader mondiali. Ma c'è un altro leghista, meno appariscente, nella sala di regia dell'esecutivo con un ruolo ancora più centrale del leader del Carroccio: Giancarlo Giorgetti. Non è solo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, figura che coordina l'azione del governo e sovraintende a tutti i consigli dei ministri, ma Giorgetti ha anche la delega sul Cipe, il potentissimo organismo da cui passano tutti i lavori pubblici e senza il quale nulla si muove.
Per sua natura più a suo agio nelle stanze del potere che sulla ribalta mediatica, il «Richelieu» della Lega, il bocconiano diplomatico che cerca l'accordo con tutti, se deve scegliere un paragone sceglie quello calcistico, come centrocampista, ma di quelli che fanno gli assist decisivi per la partita. «Se devo essere qualcun altro preferisco Andrea Pirlo, chiamatemi Pirlo» racconta in una intervista a Panorama Giorgetti, tifoso del Southampton. «Siccome tanti vogliono giocare in attacco e fare gol, c'è bisogno di stare a centrocampo e io sono capace di fare quello». Dal centrocampo, Giorgetti distribuisce palloni e imposta lo schema di gioco, su entrambe le fasce, destra e sinistra. Tiene i fili con i ministri M5s, con il premier, dialoga col Pd, e raccorda l'azione del governo gialloverde con le richieste degli alleati di centrodestra, specie con il Cavaliere.
Proprio al leader di Forza Italia il potente sottosegretario lancia un messaggio sul dossier delicato delle telecomunicazioni, tema che sta a cuore al fondatore di Fininvest. Sulla delega alle Tlc presa dal ministro Di Maio, Giorgetti rassicura Forza Italia (dove sono «molti di più di una decina i parlamentari che vogliono passare nella Lega», assicura). La delega alle Telecomunicazioni «è una questione che ha gestito Salvini, so solo che il gruppo di Berlusconi sarà trattato come tutti gli altri e che non ha niente da temere. Non è un sottosegretario a garantire, ma i principi di governo». Come dire, nessuna rappresaglia su Mediaset, nessuna legge contra personam. «Silvio Berlusconi non dico che ci guardi con favore, ma per le cose utili al Paese, collabora. Legittimamente ha cercato di portare avanti un governo di centrodestra che però non aveva i numeri. Siamo una coalizione, ma in competizione sui consensi» spiega al settimanale della Mondadori Giancarlo Giorgetti. Che rivela anche dei retroscena sulla convivenza a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte. «Digiuno di politica, ha già mostrato al G7 una grande capacità relazionale, perché se entri in feeling con Trump.... Simpatico non saprei, diciamo che non è un musone, poi è capace di comporre, di trovare mediazioni. Abbiamo litigato almeno due volte: una su come organizzare gli uffici. A un certo punto gli ho detto che ero stanco e che non era il caso di proseguire, sono andato via».
Anche su Di Maio ha parole gentili («È diligente e sta affrontando una sfida enorme nonostante la giovane età») mentre Mario Draghi, il numero uno della Bce, lo sente, ma solo «quando serve», minimizza. L'importante per Giorgetti, figlio, nipote e bisnipote di pescatori varesini, non è sembrare influenti, ma esserlo.
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