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Casapound, giudice sconfessa il pm: "Odio razziale? Non ci sono prove"

Sviluppi sul caso del palazzo occupato da Casapound nel quartiere Esquilino a Roma. Per il gip il reato di istigazione all’odio razziale non c’è

Casapound, giudice sconfessa il pm: "Odio razziale? Non ci sono prove"

Non c’è istigazione all’odio razziale. Si apre un nuovo capitolo della saga Casapound a Roma. Il gip, Zsuzsa Mendola, nell’accogliere la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla procura nei confronti del palazzo di via Napoleone III, nel quartiere romano dell’Esquilino, sede del movimento di estrema destra, boccia parte dell’impianto accusatorio. Il giudice scrive: "Gli elementi raccolti non consentono di ricostruire ad unità le diverse vicende giudiziarie ai fini della valutazione della sussistenza del delitto di partecipazione ad una associazione, nonché di accertare se le condotte poste in essere, per quanto riprovevoli, siano espressive di ideologie o sentimenti razzisti o discriminatori, ovvero se sussista lo scopo dell’incitamento alla discriminazione nel senso anzi detto, per motivi fondati sulla qualità personale del soggetto e non invece, sui suoi comportamenti e sulla ritenuta assenza di condizioni di parità".

Poi il gip prosegue: "Deve osservarsi che il materiale probatorio acquisito in atti non è sufficiente per poter affermare la sussistenza del fumus criminis relativo all’articolo 604 bis del codice penale". Nel provvedimento si legge che il pm, al fine di ricostruire la condotta di partecipazione al reato associativo, richiama numerose vicende verificatesi nel corso degli anni, in tutto il territorio nazionale, in cui si sono verificati momenti di tensione e scontri tra estremisti di opposte fazioni politiche, con condotte di per sé biasimevoli, configuranti delitti di rissa, rapina, lesioni, ingiurie, minacce, furto, violenza privata.

Il riferimento è sempre all’accusa prevista dal secondo comma dell’articolo 604 bis secondo cui l’associazione Casapound avrebbe tra i propri scopi - in base all’impostazione del pm Eugenio Albamonte – l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi. Per il gip, invece, dalle informative ricevute, non emergono elementi probatori sufficienti a ricostruire compiutamente "i singoli episodi, le modalità della condotta, le modalità di identificazione dei soggetti coinvolti e le modalità di attribuzione agli stessi della qualità di militanti di Casapound l’oggetto del contendere fra le diverse fazioni politiche. Elementi probatori in ordine alle singole vicende non possono certamente essere trattati dagli articoli di giornale acquisiti in atti".

Sulla questione è intervenuto anche Davide Di Stefano, tra gli indagati per l’occupazione abusiva del palazzo di via Napoleone III in quanto esponente del movimento. Lo scrive sul quotidiano il Primato Nazionale: "Per il momento lo sgombero di Casapound è un po’ come la potenza di fuoco di Giuseppe Conte: una frottola raccontata dai 5 Stelle. Oltre il clamore mediatico creato ad arte in questi giorni sul piatto c’è ben poco: le carte ridimensionano di parecchio gli annunci di Virginia Raggi e l’impianto accusatorio del pm partigiano Eugenio Albamonte". Il gip Mendola non ha riconosciuto il reato associativo finalizzato all’istigazione all’odio razziale, disconoscendo nei fatti buona parte dell’impianto accusatorio del pm Albamonte. Virginia Raggi e Albamonte, dunque, conclude Di Stefano, incassano quantomeno una sconfitta temporanea.

"Su Casapound Matteo Salvini sbaglia. Per noi è una priorità. Ci auguriamo che il Mef ci segua in questa battaglia", a scriverlo su Twitter è la sindaca di Roma Raggi.

Commenta le parole del leader della Lega che ieri durante la trasmissione "DiMartedì" aveva spiegato che quello di Casapound fosse "solo uno delle centinaia di stabili occupati a Roma, peraltro non uno di quelli pericolanti e per questo il suo sgombero è da considerarsi oggettivamente non prioritario rispetto a quello di un palazzo che rischia di cadere".

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